Elezioni olandesi: ora inizia il gioco
Questo news brief è pubblicato nell’ambito della linea strategica dell’ISMU su
Immigrazione e futuro dell’Europa
di Marta Regalia e Pierre Georges Van Wolleghem
16 marzo 2017
I giornali europei e i politici in Europa celebrano questo giorno come quello della continuità, come quello nel quale il populismo ha fatto un passo indietro. Wilders, per il quale i sondaggi preannunciavano la vittoria, finisce la corsa con 20 seggi alla Camera, meno di quanti previsti ma comunque più che nelle elezioni precedenti (alle quali aveva ottenuto 15 seggi), facendo del suo partito, il PVV, la seconda forza politica del paese. Il Premier Rutte (VVD) esce vincente e inizierà probabilmente un terzo mandato a capo del governo, malgrado una perdita di 8 seggi. Il partito del Labour (PvdA), il partner nella coalizione del governo Rutte dal 2012 ad oggi, ha subito un’emorragia di voti, passando da 38 a 9 seggi. I Verdi (GL) invece diventano il primo partito di sinistra con 16 seggi mentre ne avevano solo 4, due seggi di più del Partito Socialista (SP).
Grafico 1 – Gli otto maggiori partiti nel nuovo Parlamento olandese (95% dei voti contati)
Fonte: Elaborazioni ISMU su dati disponibili su Le Monde
Grafico 2 – Variazione in seggi per gli otto maggiori partiti nel nuovo Parlamento olandese (confronto con le elezioni del 2012) (95% dei voti contati)
Fonte: Elaborazioni ISMU su dati disponibili su Le Monde
Questi dati sono tuttavia ancora poco significativi, in quanto vanno letti alla luce del gioco delle coalizioni, che si avvia ora in un contesto politico più frammentato di prima.
Il Governo Rutte II, al potere dal 2012 ad oggi, comprendeva sino ad oggi il VVD (con 41 seggi) e il partito del Labour (PvdA; con 38 seggi), dando vita così a una coalizione a due partiti che controllava una maggioranza di seggi alla Camera. Questa volta, però, la coalizione da costruire non potrà comprendere meno di 4 partiti per una maggioranza semplice, 5 o di più per una super-maggioranza, se l’obbiettivo è di prevenire possibili defezioni su certi voti in Camera. Se si ragiona in termini di posizioni sulla scacchiera politica, il VVD, un partito liberale, potrebbe allearsi ai Cristiani Democratici del CDA, alla sua destra, e con i Democratici (D66), alla sua sinistra. Ciò porterebbe a una coalizione di 71 seggi, non abbastanza per una maggioranza semplice. Wilders ha dichiarato che non ostacolerà l’approvazione di leggi in linea con le posizioni del suo partito, ma questo non fa del PVV un partner affidabile, sia per motivi che abbiamo già visto sia per le sue posizioni sull’integrazione europea.
Un quarto partito della coalizione (ma anche un quinto se il governo in formazione mira alla super-maggioranza) dovrà essere recuperato a sinistra, estendendo così la coalizione attraverso la scacchiera politica e correndo così il rischio di creare un disaccordo con il CDA, salvo che sia scelto il ChristenUnie (CU; con i suoi 6 seggi), un partito dalle idee vicine a quelle del CDA. Un’altra possibilità potrebbe essere quella di vedere il VVD svoltare a sinistra, cercando di allearsi con i Verdi (GL; 16 seggi), il Partito Socialista (SP; 14), il Labour (PvdA; 9 seggi) e il D66 (19 seggi). Una strategia quest’ultima tuttavia poco realistica in quanto il VVD si ritroverebbe isolato da un lato della coalizione, con tutti i suoi partner alla sua sinistra. Nell’ideale il VVD dovrebbe cercare di essere nel mezzo della coalizione, con partiti alla sua sinistra ma anche alla sua destra, in modo da avere una posizione di negoziazione più forte e fare si che siano gli altri a compromettere le proprie preferenze. In sintesi… sussiste ancora incertezza.
Una cosa è certa però: il tasso di partecipazione al voto è stato molto elevato, il più alto da 30 anni, con il 77,6% di partecipazione. Abbiamo già pubblicato un primo commento prima delle elezioni su questa pagina nel quale ci chiedevamo se Wilders avesse già vinto. In tale occasione abbiamo evidenziato che molti elettori erano all’ora ancora indecisi e che quindi i sondaggi erano da considerarsi con cautela. È evidente ora che la maggior parte degli elettori abbiano deciso di lasciare Wilders indietro. Abbiamo però sottolineato quanto Wilders abbia dettato il tono della campagna elettorale e quanto i partiti mainstream abbiano tentato di giocare sul suo terreno. A prescindere della coalizione che sarà formata, ci domandiamo ora cosa farà il primo partito olandese in questi 7 anni (quello di Rutte quindi) sui temi dell’immigrazione, dell’Islam e della diversità.
Ora guardando questi risultati in relazione ai temi dell’immigrazione e della costruzione europea (grafico 3), vediamo che il 45,8% dei voti sono andati a partiti che sostengono la membership alla UE (D66, CDA, VVD) mentre solo il 22,2% ha votato a favore dei partiti anti-UE (PVV e SP).
Se poniamo attenzione al tema dell’immigrazione, la situazione è all’oppostao: il 34,3% dell’elettorato ha votato per i partiti che sostengono una posizione sull’immigrazione più severa o addirittura anti-immigrazione (VVD e PVV). Al contrario, solo il 26,8% dei votanti hanno espresso un’opinione a favore dei partiti con una posizione più favorevole all’immigrazione (PvdA, GL e D66).
Grafico 3 – Posizioni dei partiti olandesi sull’immigrazione e la UE