Ha già vinto Wilders?
Questo news brief è pubblicato nell’ambito della linea strategica dell’ISMU su
Immigrazione e futuro dell’Europa
di Pierre Georges Van Wolleghem
“Svegli qualsiasi esperto sull’integrazione dei migranti nel mezzo della notte e le chieda di nominare un paese conosciuto per il suo multiculturalismo. Dieci a uno la risposta sarà Canada, Australia o Olanda.”
Han Entzinger (2003)
Le evidenze empiriche tendono a sottolineare che gli olandesi non sono tra i popoli i più nazionalisti in Europa. Non sono nemmeno particolarmente inclini al razzismo o alla xenofobia (SORA, 2001).
Per molto tempo, le politiche rivolte agli stranieri hanno mirato a rispettare, se non a promuovere, le differenze culturali. Nel corso degli anni 2000 però, questo clima si è deteriorato con le successive spinte nazionaliste, prima col deputato della destra liberale Bolkestein (VVD), seguito poi da politici populisti come Pim Fortuyn e, più tardi, Geert Wilders (Bruquetas-Callejo et al., 2011).
In questo contesto, le prossime elezioni potrebbero vedere Wilders, il leader del Partito della Libertà (PVV), in prima posizione in termini di seggi alla Camera dei Rappresentanti (Kroet, 2017). Wilders ha avviato la sua campagna a metà febbraio con toni anti-immigrati, definendo certi marocchini “canaglia”, e promettendo di fermare l’immigrazione di musulmani e di chiudere le moschee in caso di vittoria (BBC, 2017). L’immigrazione è diventata quindi un tema centrale della campagna elettorale, con Wilders che ne detta il passo.
Quando le viene chiesto quale sia la principale preoccupazione di queste elezioni, Anne Mulder, la portavoce del partito al governo sulle questioni europee, risponde “l’identità” (Mardell, 2017). Lo scorso mese, Mark Rutte stesso, leader del partito di destra liberale (VVD), Premier del paese, ha cantato sulle note di Wilders con il suo “comportati normalmente or vattene” (The Economist, 2017).
Questo news brief vuole dare uno sguardo d’insieme sulla situazione in Olanda al fine di aiutare il lettore a capire le prossime elezioni e cosa c’è in gioco. La prima parte fa un quadro della storia recente del paese per quanto riguarda il tema dell’immigrazione e le politiche di integrazione. La seconda parte rintraccia l’ascesa del nazionalismo nel corso dei due ultimi decenni. L’ultima parte presenta due possibili scenari per il futuro immediato del dopo elezioni.
Un po’ di storia: ascesa e caduta del multiculturalismo in Olanda
L’Olanda non è mai stato un paese che si considera apertamente un paese di immigrazione, anche se, nei fatti, lo è (Bruquetas-Callejo et al., 2011). Le prime ondate di arrivi dopo la seconda guerra mondiale si possono a grande linee distinguere grosso modo in due categorie principali: da un lato, un numero significativo di cosiddetti “rimpatriati” che arrivavano delle ex colonie olandesi e avevano quindi la nazionalità olandese; dall’altro, i cosiddetti guest workers, lavoratori stranieri reclutati per rispondere alla mancanza di manodopera. Ma poiché i rimpatriati erano cittadini e i lavoratori stranieri non erano destinati ad insediarsi in Olanda, l’idea di provvedere alla loro integrazione nella società olandese non era evidente. Quando negli anni Settanta, il governo olandese realizzò che i migranti non sarebbero ritornati nel loro paese, è stata formulata una “Politica sulle Minoranze Etniche” con l’obiettivo di assicurare la possibilità da parte dei migranti di preservare la propria identità culturale (Entzinger, 2003).
Abbracciando un approccio multiculturalista all’integrazione, lo stato ha sostenuto la creazione di associazioni di migranti e l’introduzione di corsi di lingua madre nelle scuole elementari. Nello stesso modo, sono stati creati Consigli consultativi per le minoranze etniche a livello nazionale e locale per rappresentare i loro interessi. I limiti di questo approccio si sono via via manifestati col passare del tempo.
Hanno cominciato a crescere notevolmente le tensioni tra nativi e migranti. Nel 1991, queste tensioni sono state sintetizzate dal deputato liberale (VVD) Frits Bolkestein in un suo discorso nel quale ha apertamente adottato una posizione assimilazionista, parlando di inconciliabilità tra “Islam” e “i valori dell’Ovest” e dichiarando che i migranti devono adattarsi alla società ricevente (Entzinger, 2003: 71). Malgrado vive critiche da parte dei sostenitori del multiculturalismo, la posizione di Bolkestein è stata approvata da una parte significativa dei votanti, come hanno dimostrato le elezioni successive. Questo si è tradotto nei fatti con un cambio drastico di orientamento politico nel 1994 (Lower House, 1994): la Politica sulle Minoranze Etniche è stata rinominata politica di integrazione, decretando la caduta del multiculturalismo.
Per esempio, sono stati messi in piedi corsi obbligatori al fine di familiarizzare i nuovi arrivati con la lingua e la cultura olandese, un modello poi ripreso in Finlandia, Danimarca, Germania, Francia, nell’arco di qualche anno.
La crescita dell’estrema destra in Olanda
È importante sottolineare che i partiti di estrema destra in Olanda hanno assunto una rilevanza dal tutto marginale fin’ora. Il Centrumpartij, attivo dal 1980 al 1986, era uno di questi e non ha mai ottenuto più di un seggio alla camera[1]. È solo nel 1982 che ha ottenuto un seggio. Ma il successo di Bolkestein, un liberale, dopo il suo intervento populista, ha probabilmente scatenato, o autorizzato in un certo senso, il pensiero xenofobo. È notevole la crescita improvvisa del partito diretto da Pim Fortuyn nel 2002, spronato dal suo omicidio qualche giorno prima delle elezioni. L’omicidio poi del regista Theo van Gogh due anni dopo ha probabilmente anche contribuito a mantenere il partito di estrema destra, allora guidato da Geert Wilders, alle elezioni generali del 2006.
Grafico 1 – Numero di seggi per i partiti d’estrema destra alla Camera dei Rappresentanti
Fonte: varie fonti, siti ufficiali. Elaborazioni dell’autore
Nota: la Camera dei Rappresentanti conta 150 deputati, con una maggioranza semplice a 76.
I partiti d’estrema destra non hanno mai ottenuto più di 26 seggi alla Camera (numero massimo nel 2002 con 26 seggi) ma i prognostici per le elezioni a venire danno un numero record per Wilders con più di 30 seggi nella Camera ai 150 deputati, anche se lontano dai 76 seggi necessari per formare un governo di un partito solo.
Scenari plausibili per il futuro immediato
Seguendo le categorie definite in letteratura da Lijphart (2012), l’Olanda fa parte delle democrazie consensuali. Senza entrare nei dettagli, si tratta di un sistema elettorale con rappresentazione proporzionale, il suo numero effettivo di partiti è tra i più alti, e il suo grado di disproporzionalità rappresentativa è tra le più basse. Quindi, anche i partiti meno significativi hanno una buona probabilità di avere voce alla Camera. Questo pone una serie di domande: se il PVV esce come prima forza politica dalle elezioni, Wilders potrà essere primo ministro? Il PVV potrà essere un partito della coalizione al governo?
Secondo Mark Rutte, il Premier attuale, le risposte sono no e no (Mardell, 2017). Wilders non può essere Premier perché il suo partito non sarà mai in grado di costruire una coalizione, e il PVV non può entrare in nessuna coalizione perché nessun altro partito è disposto a allearsi. Questa situazione ricorda vagamente quella del primo governo Rutte. Dopo le elezioni del 2010, Rutte (VVD) formò un governo minoritario con il partito della democrazia cristiana CDA, sostenuto dal partito di Wilders che, allora, controllava 24 seggi alla Camera. Il governo è caduto quando Wilders ritirò il suo appoggio.
Nel caso Wilders abbia un buon score in queste elezioni, le conseguenze sono diverse. Wilders sarà escluso della coalizione. Gli altri partiti dovranno formare un’altra coalizione, più ampia, al fine di raggiungere i 76 seggi. Potrebbero essere necessari quattro o cinque partiti, risultando così in una coalizione instabile di partiti che hanno poco in comune. Per esempio, se aggiungiamo il numero di seggi dei quattro partiti che arrivano subito dopo il PVV, otteniamo un totale di 74 seggi, un numero che, almeno formalmente, non consente una maggioranza semplice. Da un punto di vista più sostanziale, è impensabile che la coalizione possa semplicemente ignorare il vincitore delle elezioni che rappresenterebbe, seguendo i sondaggi, più o meno 20% della popolazione… Ma sembrerebbe che, comunque, gli altri partiti vi abbiano già pensato, soprattutto se si considera la virata a destra che tutti hanno intrapreso (The Economist, 2017). Come riporta il giornale,
“Pochi osano mormorare una parola positiva sull’Europa o i rifugiati. I partiti su tutto lo spettro parlano di identità nazionale o ” patriottismo progressista” (uno slogan che è vuoto come sembra).” (The Economist, 2017).
Grafico 2 – Numero progettato di seggi alla Camera dei Rappresentanti il 19 febbraio e il 12 febbriao
Fonte: Peil.nl, https://home.noties.nl/peil/
Wilders fa parte della coalizione. Il Premier non sarà necessariamente Wilders stesso ma la coalizione al governo sicuramente avrebbe una forte inclinazione a destra, con una retorica anti-immigrazione. Per il futuro dell’Unione Europea, non vi è niente di sicuro. Le opinioni in merito di Wilders non dovrebbero prevalere finché gli altri membri della coalizione (con un numero di seggi necessariamente più alto che quello del PVV) sostengono la membership. Qualsiasi movimento verso un’integrazione europea maggiore pare tuttavia improbabile.
La strada davanti
L’esito del Referendum sulla Brexit e l’elezione di Donald Trump negli USA ci hanno insegnato a considerare i sondaggi sulle intenzioni di voto con cautela. I votanti indecisi potrebbero ribaltare l’esito prognosticato in quanto sembrerebbero essere tanti (alcune stime rilevano che 70% dei votanti sono indecisi; si vd. Kroet, 2017). Qualsiasi sia il risultato finale, una cosa è sicura: Wilders è riuscito ad influenzare gli altri partiti politici nella definizione della loro agenda politica, inserendo le questioni legate all’immigrazione e all’identità prima delle altre. Che venga sancito con le elezioni o no, potrebbe essere che Wilders abbia comunque già vinto.
Bibliografia
- BBC (2017) ‘Dutch Populist Geert Wilders Talks of Moroccan “Scum”’, BBC Europe, available at: http://www.bbc.com/news/world-europe-39016179 (18 February 2017).
- Bruquetas-Callejo, M., Garcés-Mascareñas, B., Penninx, R. and Scholten, P. (2011) ‘The Case of the Netherlands’. In Zincone, G. /, Penninx, R., and Borkert, M. (eds) Migration policymaking in Europe: The dynamics of actors and contexts in past and present (Amsterdam: Amsterdam University Press).
- Entzinger, H. (2003) ‘The Rise and Fall of Multiculturalism: The Case of the Netherlands’. In Joppke, C. and Morawska, E. (eds) Toward assimilation and citizenship: Immigrants in liberal nation-states (Basingstoke: Palgrave Macmillan).
- Kroet, C. (2017) ‘Majority of Dutch Voters Still Undecided: Polls’, Politico, available at: http://www.politico.eu/article/majority-of-dutch-voters-still-undecided-polls-netherlands-election/ (26 January 2017).
- Lijphart, A. (2012) Patterns of Democracy: Government Forms and Performance in Thirty-Six Countries, 2nd edn, (New Haven, CT: Yale University Press).
- Lower House (1994) ‘Outline Policy Document on the Integration of Ethnic Minorities’.
- Mardell, M. (2017) ‘The Netherlands’ Populist Moment?’, BBC Europe, available at: http://www.bbc.com/news/world-europe-38956740 ( 13 February 2017).
- SORA (2001) ‘Attitudes towards Minority Groups in the European Union’ (Vienna: European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia).
- The Economist (2017) ‘The Netherlands’ Election Is This Year’s First Test for Europe’s Populists’, The Economist, available at: http://www.economist.com/news/europe/21716643-geert-wilders-dragging-all-dutch-politics-nationalist-direction-netherlands (11 February 2017).
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