La nuova legge sul caporalato: un passo avanti ma non basta
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TESTO DI LEGGE SUL CAPORALATO DEL 18.10.2016
Il caporalato e, più in generale, lo sfruttamento dei lavoratori agricoli sono una piaga, specie al sud. È impossibile avere dati precisi, ma le stime parlano di centinaia di migliaia di persone coinvolte. Moltissimi tra loro gli stranieri.
C’è tutto un mondo agricolo poco competitivo che “vive” dello sfruttamento dei lavoratori. Le situazioni sono molto varie: sempre sono violati i diritti, talora si trovano realtà addirittura disumane che fanno pensare alla schiavitù.
Come accennato, in molti casi le vittime sono lavoratori stranieri. Da questo punto di vista si deve osservare anche che c’è un legame tra sfruttamento dei lavoratori agricoli e immigrazione illegale: lo sfruttamento infatti è spesso la condanna dell’irregolare e, nello stesso tempo, “dà spazio” all’irregolarità e per certi versi addirittura la alimenta.
Tutto ciò spiega il favore con cui da molti è stata accolta la NUOVA LEGGE SUL CAPORALATO da poco approvata dal Parlamento. I commenti si sono focalizzati soprattutto sull’inasprirsi delle sanzioni penali e il loro estendersi a nuove fattispecie. Tra queste per esempio la possibilità di confiscare i beni delle aziende agricole coinvolte secondo l’approccio già sperimentato nella lotta contro la mafia oppure il fatto che sia sufficiente l’aver approfittato di una condizione di bisogno (e non quindi la prova che vi sia “violenza”) per l’applicazione delle severe misure penali contro lo sfruttamento.
Peraltro, davanti a una realtà economica così diffusa è lecito interrogarsi su quali risultati possa dare lo strumento penale. Una vera efficacia dissuasiva richiederebbe l’applicazione di centinaia di sanzioni severe in tempi relativamente brevi. Sarà il nostro sistema adeguato alla sfida?
C’è poi un interrogativo più radicale. Come si osservato, c’è tutto un mondo agricolo (si parla di un giro d’affari di 14-18 miliardi di euro) che “vive” dello sfruttamento dei lavoratori. Al di là della sanzione penale, bisogna allora chiedersi quale possa essere il destino di questo “mondo”.
Dietro lo sfruttamento sovente troviamo, come accennato, un’obbiettiva difficoltà a stare sul mercato. D’altra parte, per vari motivi, non possiamo pensare che la lotta contro lo sfruttamento debba concludersi con la fine delle attività agricole che oggi vivono di esso.
Ecco che allora la sfida – rispetto alla quale la nuova legge fornisce indicazioni interessanti a proposito della rete del “lavoro agricolo di qualità”, ma che non paiono decisive – è quella di trasformare quei segmenti deboli dell’agricoltura, specie al Sud, che sopravvivono “grazie” allo sfruttamento, in realtà produttive capaci di operare profittevolmente nel rispetto dei diritti dei lavoratori. È questa una sfida per il legislatore e le amministrazioni chiamati a incentivare l’innovazione nei processi produttivi, così come la valorizzazione dei “buoni” percorsi chiamando anche i consumatori a sostenere se lo desiderano il prodotto italiano “regolare” laddove comunque più costoso (e allora al riguardo c’è tutto un problema di certificazioni ed etichettature da affrontare).
C’è infine la questione dell’intermediazione in sé. Il caporalato si inscrive certo in una logica di sfruttamento, ma è anche la cattiva risposta a una debolezza che si riscontra specie al Sud nell’intermediazione legale quanto al lavoro agricolo. Il caporale è anche colui che “trova” lavoratori per aziende che altrimenti farebbero fatica a mettersi in rapporto con gli interessati.
Il ripensamento in atto del ruolo dei centri per l’impiego potrebbe quindi essere un’occasione importante al riguardo così come andrebbe attentamente riconsiderata la disciplina per l’ingresso dei lavoratori stranieri – stagionali e non – che presenta non poche criticità.
Per maggiori informazioni sul testo di legge approvato il 18 ottobre 2016 dalla Camera si veda qui.