Mobilità umana e giustizia globale: La risposta del Vangelo della Misericordia
Mobilità Umana e Giustizia Globale:
La risposta del Vangelo della Misericordia
4 novembre 2016
Questo workshop nasce dall’esperienza, ormai ultradecennale, di collaborazione tra la Fondazione ISMU, l’Università Cattolica e due tra i più significativi attori cattolici impegnati nella pastorale delle migrazioni: il mondo degli Scalabriniani e la Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.
Essa trae spunto in particolare dalle riflessioni maturate in seno alla summer school “Mobilità umana e giustizia globale”* , giunta nel 2016 alla sua settima edizione; un’edizione molto partecipata e svoltasi in uno dei luoghi più simbolici – più tragici ma al tempo stesso più ricchi di speranza – nello scenario migratorio contemporaneo: Lampedusa.
L’intento della scuola è quello di collocare l’analisi dei processi migratori all’interno di una riflessione più ampia, consapevoli dello stretto legame che unisce, oggi come mai prima del passato, il governo e la governance della mobilità umana alla questione della giustizia globale; essa propone un “riposizionamento” della prospettiva generalmente impiegata nell’analisi dei fenomeni migratori, con una enfasi sulle implicazioni etiche delle pratiche e delle politiche migratorie. Un riposizionamento capace di mettere in discussione le stesse categorie impiegate non solo dalla politica, ma anche dalle scienze sociali, nell’analisi dei processi migratori, a partire dalla distinzione tra migranti volontari, o economici, e migranti forzati, ovvero per ragioni di carattere umanitario.
Ce lo ricorda Papa Francesco nel suo discorso per la prossima Giornata del migrante, laddove avverte come la linea di demarcazione tra migrazione e traffico può farsi a volte molto sottile, e come molti sono i fattori che contribuiscono a creare uno stato di vulnerabilità nei migranti. In tal modo, se tale distinzione continua ad essere per molti aspetti irrinunciabile, essa mostra i propri limiti una volta che si prende atto di come oggi, ad essere disatteso, non è solo e principalmente il diritto ad emigrare, bensì il diritto a non emigrare.
È proprio a questo tema che è stata dedicata l’edizione 2015 della scuola, i cui Atti sono stati presentati nel corso del workshop. (Gli atti sono consultabili press il Centro di Documentazione della Fondazione Ismu).
Questa edizione si è svolta in una delle località più emblematiche per la storia dell’immigrazione in Italia, Castel Volturno, a pochi passi da Villa Literno, ovvero il luogo in cui si consumò, nell’ormai lontano 1989, agli albori della transizione migratoria del paese, l’assassinio del rifugiato politico Jerry Masslo.
Scegliendo un tema che le cronache di questi mesi hanno reso di ancor più drammatica attualità, la scuola:
- ha voluto indagare le situazioni che fanno dell’emigrazione una scelta obbligata, puntando il dito sulle responsabilità di tutti quegli attori che traggono a vario titolo profitto dalle migrazioni, venendo meno al dovere di creare, nei paesi d’origine, adeguate opportunità di vita e di lavoro per le giovani generazioni;
- ha descritto, attraverso le presentazioni di studiosi provenienti da diverse delle regioni più importanti dello scenario migratorio contemporaneo, il consolidarsi di una potente industria dell’immigrazione, che sottrae braccia e cervelli allo sviluppo dei loro paesi d’origine;
- ha gettato luce su alcune delle componenti più vulnerabili dei flussi contemporanei, in particolare:
- sui lavoratori a bassa qualificazione, un soggetto che sempre più rischia di restare in ombra, in un quadro internazionale egemonizzato dalla retorica della migrazione selettiva e dall’attrazione dei talenti, che screma i candidati alla migrazione (e a volte perfino i migranti per ragioni umanitarie) secondo il livello di qualificazione, spingendo i lavoratori meno qualificati verso i canali dell’immigrazione irregolare o addirittura il ricorso improprio alla richiesta di protezione umanitaria. Nelle loro biografie, il diritto a non emigrare è spesso altrettanto negato di quello a emigrare in condizioni dignitose, e non per caso è tradizionalmente ad essi che si sono tradizionalmente rivolti il Magistero della Chiesa e l’azione in campo pastorale;
- e sui minori non accompagnati, che costituiscono la sconfessione più drammatica del diritto a non emigrare, e i soggetti maggiormente esposti ai rischi di sfruttamento, marginalità sociale, tratta di esseri umani, come ci attesta la triste contabilità di minori stranieri che “scompaiono”, in Italia come negli altri paesi europei. La questione dei minori non accompagnati – una delle linee strategiche cui la Fondazione ISMU ha scelto di dedicare un’attenzione prioritaria – è anche la più paradigmatica della difficoltà a instaurare un sistema europeo e internazionale di governance della mobilità umana, capace di contemperare istanze diverse.
Essa ci obbliga a fare i conti con culture migratorie alquanto discutibili – come quelle che spingono a emigrare adolescenti poco più che bambini, investendoli di un impegnativo mandato familiare – e con concezioni diverse dell’infanzia e della vita adulta, rendendo alquanto arduo decidere ciò che è “giusto” nella gestione di un fenomeno che è il prodotto dell’ingiustizia globale.
Non per caso proprio su di essi il pontefice più volte si sofferma nel suo messaggio per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, intitolato appunto “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce” , con l’intento di richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi: perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari.
Ma anche ricordando come sono in primo luogo i minori a pagare i costi gravosi dell’emigrazione, provocata quasi sempre dalla violenza, dalla miseria e dalle condizioni ambientali, fattori ai quali si associa anche la globalizzazione nei suoi aspetti negativi. Ovvero, ancora una volta, a pagare le conseguenze di un diritto a non emigrare che resta troppo spesso disatteso: «È assolutamente necessario, pertanto, affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni. Questo esige, come primo passo, l’impegno dell’intera Comunità internazionale ad estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga. Inoltre, si impone una visione lungimirante, capace di prevedere programmi adeguati per le aree colpite da più gravi ingiustizie e instabilità, affinché a tutti sia garantito l’accesso allo sviluppo autentico, che promuova il bene di bambini e bambine, speranze dell’umanità»;
- ma ha altresì, com’è da sempre negli intenti della scuola, individuato alcune linee di intervento che chiamano in causa non soltanto le responsabilità dei governi e delle agenzie internazionali, ma anche quelle dei diversi attori della società civile, investendoli del compito di rendere il diritto a non emigrare non soltanto un’utopia.
Nel workshop sono stati:
- presentati gli Atti dell’ultima edizione della summer school, pubblicati come di consueto sulla rivista “Studi Emigrazione/Migration Studies”, rappresentata dall’attuale direttore del Centro studi migrazioni di Roma, padre Aldo Skoda, recentemente subentrato nell’incarico a Padre René Manenti
- riproposti alcuni interventi particolarmente in linea con gli obiettivi dell’itinerario proposto dall’Ateneo.
In particolare:
- Gian Carlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes, ha illustrato come attraverso l’impegno sociale e pastorale nelle nostre comunità sia possibile concorrere a dare concretezza al diritto a non emigrare e alle preziose indicazioni che ci vengono dal Magistero della Chiesa;
- il dottor Gianfranco Cattai, presidente nazionale della FOCSIV, Federazione degli organismi cristiani di servizio internazionale volontario, ha presentato alcuni progetti di cooperazione per tutelare il diritto a rimanere nella propria terra;
- il prof. Giovanni Giulio Valtolina, che nell’ambito del Consiglio scientifico della scuola rappresenta la Fondazione ISMU, ha offerto uno spaccato sul fenomeno drammatico dei minori non accompagnati, illustrandone l’eterogeneità interna e la necessità di ricorrere a molteplici strumenti di intervento;
- Infine, è stata riproposta un’esibizione del gruppo “Scala Music”, diretto da padre Fabio Baggio, ospitato anche a conclusione della nostra ultima scuola a Lampedusa.
Il tema del diritto a non emigrare, cui è stato dedicato il workshop, mostra una grande coerenza coi contenuti del Messaggio del Papa per la Giornata del Migrante 2016 e del Giubileo del Migrante.
Il messaggio del Santo Padre è giunto in una delle fasi più critiche della storia delle migrazioni dell’età contemporanea; una fase in cui la forza della disperazione di milioni di profughi ha imposto all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale il dramma della mobilità forzata, mettendo al contempo a nudo i limiti dei nostri sistemi di protezione.
Nel documento, il Papa ribadisce innanzitutto i principi cardine del Magistero della Chiesa in questa materia – a partire da quello della dignità di ogni persona umana, indipendentemente dal suo status e dalla sua condizione giuridica –, insistendo in particolare su quella che definirei la valenza profetica delle migrazioni – e dei migranti – che, come recita il testo del messaggio, «interpellano i singoli e le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto».
Oltre a richiamare il dovere della comunità internazionale e denunciare la carenza di normative chiare e praticabili, il messaggio insiste sulle responsabilità di quanti, assistendo come spettatori alle morti che si susseguono, finiscono col divenire complici dei trafficanti di carne umana. Sollecitando una maggiore attenzione per le cause delle migrazioni – al di là della gestione delle situazioni di emergenza –, afferma il diritto a non emigrare, ovvero a godere nel proprio paese di condizioni di vita sicure e dignitose. Riconoscendo le conseguenze che le migrazioni producono tanto sulle identità delle persone coinvolte quanto nelle società che le accolgono, il messaggio segnala poi l’esigenza di lavorare affinché ciò diventi un’opportunità per una crescita umana, sociale e spirituale, e non si risolva invece in un ostacolo all’autentico sviluppo. E, ancora, incoraggiando l’accoglienza dello straniero secondo uno stile improntato all’insegnamento biblico, il messaggio segnala però il rischio che si generino reazioni negative nei suoi confronti, se non si coltiva una vera cultura dell’incontro, fatta non solo di “dare”, ma anche di disponibilità a ricevere. Sottolinea l’importanza che gli stranieri rispettino il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, ma anche il potenziale trasformativo che le migrazioni hanno per l’intera umanità. Ribadisce, infine, il nesso tra le migrazioni e l’iniqua ripartizione dei beni della terra, dentro un contesto di interdipendenza globale.
In definitiva, il messaggio sembra evocare la necessità di una responsabilità davvero condivisa – «Nessuno può fingere di non sentirsi interpellato…» –: è l’intera comunità umana, insieme alla Chiesa, ad essere investita del dovere di “tendere la mano” ai migranti e ai rifugiati, operando certo sul fronte dell’accoglienza, ma prima ancora sulle ragioni all’origine della mobilità forzata. Un messaggio, dunque, che nell’indicare la risposta del Vangelo della Misericordia – cui è dedicato il Giubileo straordinario ormai giunto a compimento –, scuote le coscienze e richiede di essere declinato nelle opere di misericordia spirituale e corporale, ma lascia anche intuire i grandi temi sui quali dovrà concentrarsi il governo della mobilità e della convivenza interetnica.
(Laura Zanfrini, Direttore scientifico della summer school “Mobilità umana e giustizia globale”)
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* Realizzata grazie alla collaborazione tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore, lo Scalabrini International Migration Institute, l’Agenzia Scalabriniana per la cooperazione e lo sviluppo e la Fondazione Migrantes, avvalendosi inoltre del sostegno del Rotary Club di San Donato Milanese e della consulenza della Fondazione ISMU.