Parzialmente demolita la politica australiana di detenzione dei richiedenti asilo
Parzialmente demolita la politica australiana di detenzione obbligatoria dei richiedenti asilo
di Francesco Vecchio
Il 26 aprile 2016 la Corte Suprema, ovvero il Tribunale di Cassazione della Papua Nuova Guinea, ha deciso che la detenzione dei richiedenti asilo intercettati in mare e detenuti nel centro di Manus Island è illegale.
L’Australia paga la Papua Nuova Guinea, e il piccolo stato di Nauru, nel Pacifico orientale, per detenere i richiedenti asilo che cercano di approdare irregolarmente in Australia a bordo di imbarcazioni generalmente insicure. I due centri di detenzione sono parte integrante della rigida politica australiana di difesa dei confini nazionali, la quale prevede che i richiedenti asilo giunti via mare siano internati offshore (all’estero) durante il vaglio della loro domanda d’asilo, e poi rimpatriati oppure reinsediati nella Papua Nuova Guinea, o in altro paese pagato dall’Australia per accoglierli, nel caso questi siano riconosciuti come rifugiati.
I giudici della Corte Suprema della Papua Nuova Guinea hanno sentenziato che la detenzione dei richiedenti asilo è incostituzionale in quanto è innegabile che i richiedenti asilo detenuti sull’isola fossero in rotta verso l’Australia, e solo quando intercettati siano stati portati a Manus Island e trattenuti contro la loro volontà. Il tribunale ha quindi deciso che l’Australia e la Papua Nuova Guinea devono quanto prima compiere ogni passo necessario perché sia rispettato il diritto alla libertà personale di questi detenuti.
La sentenza rappresenta un colpo notevole alla politica bipartisan dell’Australia in materia di controllo delle migrazioni irregolari. Da anni la detenzione offshore è presentata come unico deterrente valido all’arrivo incontrollato delle imbarcazioni di richiedenti asilo. Nel 2013 Tony Abbott guidò i Liberali al successo delle politiche australiane giocando la carta delle migrazioni e della detenzione degli irregolari. Il 2 luglio 2016 ci saranno nuove elezioni in Australia, ed entrambi gli schieramenti principali enunciano che nel caso di vittoria la politica di detenzione offshore non verrà toccata, nonostante le notizie di violenza sulle donne, di suicidi, di attacchi e morti per insufficienti prestazioni sanitarie, che provengono dai centri.
Attualmente sono detenute a Manus Island 905 persone. Alcuni di essi hanno rivelato ai giornali che dal giorno seguente la sentenza le porte del centro sono state aperte, e un autobus fa la spola tra il centro e il piccolo villaggio dell’isola tre volte a giorno. Questa misura è stata criticata dai richiedenti asilo e dai loro sostenitori in quanto i richiedenti asilo sono comunque impossibilitati a lasciare l’isola. Il 6 maggio la Papua Nuova Guinea ha dichiarato davanti alle Nazioni Unite che rispetterà la decisione della Corte Suprema ed è in trattativa con l’Australia per decidere il destino dei 905 richiedenti asilo sull’isola. Il ministro dell’immigrazione australiano ha tuttavia dichiarato che l’Australia non è responsabile di quei detenuti, ed è invece un problema della Papua Nuova Guinea decidere come voglia gestire il centro di detenzione.
Intanto a Nauru, oltre 100 richiedenti asilo hanno firmato una petizione per chiedere di poter proseguire il viaggio. Citando il diritto di essere liberi, la petizione condanna l’Australia per avergli negato l’accesso al diritto d’asilo e di averli imprigionati per oltre tre anni, a fronte dei vantaggi politici ed economici per gli australiani coinvolti nella loro detenzione. La petizione segue il recente suicidio di un richiedente asilo del Bangladesh e numerosi casi di autolesionismo e violenza che la polizia locale spesso è impossibilitata a indagare perché il personale che si crede implicato è spesso rimpatriato all’improvviso.
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