Un’ampia maggioranza per il Presidente francese

19 giugno 2017

Le elezioni francesi di quest’anno sono state a dir poco sorprendenti. Una persona quasi sconosciuta della politica e senza un vero partito, come Emmanuel Macron, è diventata il presidente della Repubblica Francese, battendo M. Le Pen al secondo turno. La stessa personalità quasi sconosciuta ha successivamente vinto anche le elezioni legislative, ottenendo così un’ampia maggioranza di sostegno alla Camera bassa. Il suo competitor al secondo turno delle presidenziali (dunque un partito che ci si apettava potesse avere un certo successo alle legislative) ha finito la corsa ottenendo un numero di seggi piuttosto limitato. Mentre gli accademici di varie discipline sono in difficoltà nel tentativo di capire dove stia andando la Quinta Repubblica, noi ci concentriamo sulle possibili implicazioni di questo nuovo periodo che va aprendosi ponendo particolare attenzione ai temi che ci interessano: immigrazione ed Europa.

In primo luogo, Emmanuel Macron dovrebbe avere poche difficoltà ad avviare il suo programma e a difenderlo davanti ai deputati. Un programma poco ambizioso per quanto riguarda i temi dell’immigrazione, dell’integrazione dei migranti e del diritto di asilo ma forse di più ampio respiro rispetto alla costruzione europea. E. Macron ha dato segnali di una collaborazione più forte con la Germania per rilanciare la macchina europea. Con una maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale (il suo partito ha vinto 319 seggi e il suo alleato, il Modem, ne ha vinti 42, costituendo così una maggioranza assoluta con 361 seggi su un totale di 577), il nuovo Presidente francese dovrebbe poter raggiungere gli obbiettivi fissati durante la sua campagna; a meno che la sua maggioranza molto colorata si disfaccia strada facendo su temi delicati (politica economica e fiscale soprattutto). Occorre tener conto che La République en Marche (LRM; il partito di Macron) è costituita da personalità di destra e da personalità di sinistra, personalità che a volte si scontrano… Un esempio (relativamente divertente) è quello del secondo turno delle legislative nella 18° circoscrizione di Parigi dove un membro del Partito Socialista, sostenuto dal Presidente, si oppone a un membro del partito Les Républicains, sostenuto dal Premier. Il Presidente riuscirà a mantenere l’ordine nei ranghi per i prossimi 5 anni?

In secondo luogo, i rappresentanti di LRM sono stati eletti da una minoranza dell’elettorato. In Francia è ormai cosa abbastanza diffusa deridere i risultati delle elezioni dicendo che “l’astensione è il primo partito del paese”. Ciò non è mai stato così vero. Con un tasso di partecipazione al voto sotto il 43% è ora difficile prevedere i margini di azione che avrà il nuovo governo, soprattutto perché l’astensione o il voto bianco non si traducono necessariamente in un disinteresse per la politica. Mélenchon sta già chiamando i suoi militanti a manifestare la propria disapprovazione per la riforma del Codice del Lavoro quando verrà il tempo. Qualsiasi mossa verso una maggiore integrazione europea potrebbe richiedere un’approvazione diretta dell’elettorato.

In terzo luogo, M. Le Pen ha ottenuto un numero limitato di seggi all’Assemblea (8 seggi). Ha perso il secondo turno delle elezioni presidenziali con il sostegno di più di 10,6 milioni di votanti; 33,9% dei voti. Al primo turno alle legislative solo il 13,2% dei votanti ha scelto il Fronte Nazionale e solo 122 candidati del partito sono passati al secondo turno. Il Fronte Nazionale avrà comunque più seggi nell’Assemblea di quelli avuti negli ultimi 30 anni, tra cui un seggio è per M. Le Pen.