Ventiduesimo Rapporto ISMU sulle migrazioni
Ventiduesimo Rapporto sulle migrazioni 2016
Il 1° dicembre è stato presentato a Milano, presso il centro Congressi della Fondazione Cariplo il Ventiduesimo Rapporto sulle migrazioni 2016, elaborato dalla Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità).
Al convegno, moderato dal vicedirettore del Corriere della Sera Venanzio Postiglione, hanno partecipato Mariella Enoc, Presidente della Fondazione Ismu, Vincenzo Cesareo, Segretario Generale della Fondazione Ismu, Fabrizio Spada, Direttore Rappresentanza Regionale a Milano della Commissione Europea, Gian Carlo Blangiardo, Responsabile Settore Monitoraggio Fondazione Ismu, Stefano Manservisi, Direttore Generale DG DEVCO, Commissione Europea, Mario Morcone, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Ministero dell’Interno, Andrea De Bonis, Protection Associate, UNHCR, Pierangelo Albini, Direttore Area Lavoro e Welfare, Confindustria.
Nel corso del convegno sono stati assegnati due premi Ismu 2016, all’imprenditore albanese Pajtim Brija, e alla squadra di calcio di richiedenti asilo Black Panthers.
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La Fondazione ISMU stima che al 1° gennaio 2016 la popolazione straniera in Italia abbia raggiunto 5,9 milioni (regolari e non), con un aumento di 52mila unità (+0,9%) rispetto all’anno precedente. Un incremento che è dovuto soprattutto alla componente irregolare (+31mila), che registra una leggera ripresa: al 1° gennaio 2016 ISMU stima che non sono in possesso di un valido titolo di soggiorno 435mila immigrati (contro i 404mila alla stessa data dell’anno precedente).
Gli stranieri rappresentano il 9,58% di quella che è indicata da Eurostat come popolazione abitualmente residente in Italia. A prima vista quindi l’incremento della popolazione immigrata sembrerebbe modesto. Se però teniamo conto anche delle acquisizioni di cittadinanza avvenute nel 2015, lo scenario cambia e potremo leggere con più realismo i numeri effettivi della crescita. Nel 2015 i nuovi italiani sono infatti 178mila (contro i 130mila del 2014 e i 60mila del 2012). Se ai 52mila stranieri presenti conteggiati in più (regolari e non) si aggiungono i 178mila immigrati che hanno acquisito la cittadinanza italiana, l’incremento del numero complessivo dei presenti sale intanto a 230mila, con un aumento complessivo del 3,9%. I dati dunque indicano che la crescita c’è ma non si vede e al tempo stesso sottolineano come gli immigrati in Italia siano in genere più stabili e integrati.
Intanto continua a essere elevato il numero di migranti e di richiedenti protezione internazionale che arrivano via mare nel nostro paese. Nel corso degli ultimi cinque anni infatti il numero dei migranti sbarcati sulle nostre coste è quasi triplicato: dai 63mila nel 2011, ai 154mila del 2015, passando per la punta dei 170mila del 2014. Ad anno non ancora concluso l’Italia ha già raggiunto un nuovo record per quanto riguarda gli sbarchi di migranti: sono 171mila gli arrivi via mare registrati tra il primo gennaio e il 27 novembre del 2016, cifra già superiore quindi a quella raggiunta nell’anno 2014 (170mila arrivi) e a quella del 2015 (154mila).
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Saluti istituzionali e apertura dei lavori
Alla presentazione del XXII Rapporto ISMU sulle migrazioni sono intervenuti Mariella Enoc, Presidente di Fondazione ISMU e Fabrizio Spada, Direttore della Rappresentanza Regionale a Milano della Commissione europea.
Mariella Enoc ha esordito sottolineando come la politicizzazione del fenomeno migratorio impedisca di analizzare il fenomeno in modo razionale e obiettivo. Le migrazioni non sono qualcosa contro cui dobbiamo combattere ma un fenomeno strutturale della nostra epoca. La Presidente Enoch ha poi richiamato l’attenzione sul continente africano, al centro di lotte tra grandi interessi economici per accaparrarsene le risorse. Come ricordato da Papa Francesco, molti dei conflitti che oggi imperversano in Africa sono conflitti politici ed economici mascherati da conflitti religiosi. Al centro dell’azione dei governi, ma anche del terzo settore, deve essere quindi l’impegno a trasformare e a mettere a frutto l’enorme capitale umano che risiede in quei paesi. È indispensabile al tempo stesso riformulare i termini del dibattito sulle migrazioni, partendo dalle evidenze empiriche e favorendo soluzioni per migliorare le condizioni di vita in alcuni dei paesi più poveri.
Fabrizio Spada ha sottolineato l’entità della sfida che l’Europa si è trovata ad affrontare nell’ultimo anno. La Commissione europea ha elaborato una risposta politica su più fronti. Un aspetto particolarmente importante è il partenariato con in paesi di origine e transito dei flussi. Spada ha citato i Migration compacts avviati dalla Commissione europea con diversi paesi africani e il programma di supporto macroeconomico alla Giordania, uno dei paesi più interessati dall’afflusso di profughi siriani. Importanti passi in avanti sono stati fatti anche per dare attuazione alla Dichiarazione UE-Turchia siglata lo scorso marzo: 30 progetti sono stati già avviati in ambiti quali la costruzione di scuole e infrastrutture a beneficio della popolazione siriana presente in Turchia. La creazione di una Guardia costiera e di frontiera europea, approvata in soli nove mesi dalle istituzioni europee, rappresenta un importante passo in avanti rispetto all’Agenzia Frontex: la Commissione europea ha già messo a disposizione 94 milioni di euro per finanziare l’acquisto di due pattugliatori per lo svolgimento delle missioni della nuova struttura. Spada ha concluso il suo intervento sottolineando come da una corretta gestione del fenomeno migratorio dipenda non solo il presente ma anche il futuro dell’Europa, e quindi il futuro di tutti noi.
Presentazione del Rapporto 2016
Vicenzo Cesareo, Segretario generale Fondazione ISMU
Il Professor Vincenzo Cesareo ha esordito presentando alcuni dei principali dati relativi alle migrazioni contenuti nel XXII Rapporto ISMU. La presenza degli immigrati in Italia ha quasi raggiunto complessivamente quasi i 6 milioni, cifra che tiene conto non solo di chi risiede stabilmente sul nostro territorio ed è originario di paesi non-UE, ma anche dei migranti comunitari, dei richiedenti protezione internazionale, dei rifugiati e degli irregolari, stimati da ISMU in circa 435mila. Ha in seguito sottolineato come, oltre alla consueta attenzione ai processi di inserimento dei migranti nel contesto italiano, questa edizione del Rapporto ponga in rilievo il mutato scenario europeo e internazionale, analizzando le impegnative sfide che le considerevoli trasformazioni sociali e politiche occorse in questi ultimi anni pongono, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra l’Unione Europea e le migrazioni.
La prima questione cruciale di questo 2016 è stata individuata proprio nel nesso che intercorre fra gestione dei flussi e futuro dell’Europa. Forse ancor più della crisi economico-finanziaria, le dinamiche migratorie verso i paesi europei rischiano infatti di mettere a dura prova la costruzione di una casa comune europea. Basti pensare all’indebolirsi del principio di solidarietà che regge i diritti e doveri degli Stati membri, in particolare con riferimento alla questione della ricollocazione di una quota di richiedenti protezione internazionale dai paesi di approdo agli altri stati membri della UE, così come alla ricostruzione di quelle frontiere interne che ritenevamo ormai un ricordo del passato.
Collegata a questi sviluppi, nonché all’aggravarsi del conflitto e della crisi umanitaria in Siria e in Iraq, è la minaccia rappresentata dal fenomeno della radicalizzazione e dal terrorismo di matrice islamica, che anche quest’anno ha purtroppo mietuto numerose vittime in attacchi come quello a Bruxelles il 22 marzo 2016 o a Nizza il 14 luglio 2016. Gli attacchi terroristici non sono certo confinati alla sola Europa: per rimanere ai soli Paesi OCSE, sono stati registrati 282 morti nei primi sette mesi del 2016.
Altro fatto emblematico accaduto nel corso del 2016, che rivela fratture nel rapporto tra Europa e immigrazione, è l’esito inaspettato del referendum sulla cosiddetta Brexit. La campagna a favore del “leave” si è basata soprattutto sul tema della migrazione comunitaria e non comunitaria verso l’Inghilterra e sulla necessità di “riappropriarsi” della propria sovranità nazionale.
Un ulteriore questione molto rilevante, sottolineata dal Prof. Cesareo, è l’elevata presenza di minori stranieri non accompagnati, giunti in Italia e in Europa negli degli ultimi tre anni. Nei primi dieci mesi del 2016, sono arrivati via mare in Italia oltre 22mila minori non accompagnati. Occorre che il dibattito pubblico si occupi di più di questo tema. Garantire efficaci e adeguati percorsi di inserimento a questa categoria di giovani è cruciale, in considerazione della peculiare condizione di fragilità e precarietà che vivono, nonché decisivo per il futuro nel quadro più ampio dei processi di integrazione in Italia.
Il Prof. Cesareo ha, infine, posto l’attenzione su una questione fra le più urgenti e rilevanti – ma sinora la meno affrontata – quella che riguarda l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti dell’immigrazione e la conseguente necessità di diffondere una conoscenza corretta della realtà dell’immigrazione e di promuovere una cultura dell’accoglienza. A fronte dell’impressionante divario tra percezioni e realtà, testimoniata anche da ricerche empiriche (Ipsos MORI 2015), e del crescente risentimento che serpeggia tra le popolazioni europee, occorre più che mai assumersi la responsabilità di spiegare il fenomeno con dati corretti e di indicare le migliori strade da percorrere per trasformare l’accoglienza dei migranti in un’opportunità vera e propria per il futuro del nostro Paese, al fine di contrastare rischi di conflitto e di salvaguardare la coesione sociale. È questo l’impegno che Fondazione ISMU ha assunto dalla sua nascita e che intende continuare a portare avanti con il massimo rigore, nella speranza di rendere un servizio utile alla nostra società. Il prof Cesareo ha concluso sottolineando come l’immigrazione, come tutti i fenomeni di simile portata, è un problema o una risorsa a seconda di come viene gestita: rispondere alla sfida dell’accoglienza, mettendo gli immigrati nelle condizioni di contribuire alla società positivamente, e dando loro le possibilità di offrire un apporto innovativo, è precisamente quanto l’Europa deve prepararsi a fare, a livello delle istituzioni, dei singoli paesi, delle opinioni pubbliche, per affrontare con successo tale storico momento.
– XXII Rapporto ISMU sulle migrazioni 2016 (slide) – Prof. Vincenzo Cesareo
Gian Carlo Blangiardo, Responsabile settore monitoraggio Fondazione ISMU
Il Professor Blangiardo ha messo in luce nel suo intervento alcune delle principali dinamiche demografiche che riguardano la popolazione immigrata nel territorio italiano. In merito all’apparente assenza di crescita della popolazione straniera nell’ultimo anno, che si assesta attorno ai 6 milioni, Blangiardo sottolinea che la crescita c’è ma non si vede: infatti, tale crescita è mascherata dal fatto che, nel 2016, quasi 200mila stranieri sono diventati italiani. Un secondo dato riguarda la minore vivacità demografica della popolazione straniera: il saldo migratorio si è ridotto anche perché l’Italia ha oggi minore forza attrattiva rispetto al passato a causa della crisi economica. Un terzo punto messo in luce riguarda un cambiamento nella tipologia di permessi di soggiorno: a partire dal 2011, i permessi per motivi di lavoro sono stati soppiantati dai permessi per ricongiungimento familiare. È in atto una ricomposizione delle famiglie, il che può costituire un’iniezione di popolazione e gioventù in un Paese come il nostro poco vivace a livello demografico. A proposito di popolazione giovane, se si va a confrontare la componente giovane all’interno delle nazionalità di stranieri residenti sul territorio italiano, è possibile notare tassi particolarmente elevati per alcune nazionalità, quali Egitto, Marocco, Tunisia, attorno al 30% laddove per gli italiani è attorno al 15%.
Lo scenario riguardante le giovani generazioni mostra però un’importante polarizzazione: vi sono infatti giovani che si integrano e che acquisiscono la cittadinanza ma ci sono altri giovani che vivono una condizione del tutto diversa. È il caso dei minori stranieri non accompagnati, che arrivano senza una famiglia e spesso si disperdono. A settembre 2016 sono già più di quanti erano in tutto il 2015 (16.611). Il bipolarismo fra chi si integra e chi rimane fermo è quindi una nota centrale dell’attuale quadro migratorio e le istituzioni sono chiamate a occorre gestire questa doppia realtà.
– Gli aspetti statistici (slide) – Prof. Gian Carlo Blangiardo
Stefano Manservisi, Direttore Generale DG DEVCO della Commissione europea
In apertura del suo intervento, Stefano Manservisi ha richiamato la situazione cui l’Unione europea si trovava di fronte nello stesso periodo dello scorso anno: allora la priorità per i governi e le istituzioni europee era quella di far diminuire i flussi verso l’Europa, che stavano creando forti tensioni fra gli stati membri, mettendo a repentaglio il funzionamento dell’area Schengen. Per raggiungere tale obiettivo, erano stati predisposti il Fondo fiduciario per l’Africa e un nuovo Piano di Azione UE-Turchia.
Un anno dopo ci troviamo di fronte a numeri significativamente minori rispetto a quelli dello scorso anno. Ciò è stato dovuto in primo luogo all’accordo con la Turchia, che ha preso corpo nel marzo 2016, e che ha di fatto messo fine ai flussi lungo la rotta del Mediterraneo orientale. La situazione lungo la rotta del Mediterraneo centrale, che collega il Nord Africa all’Italia rimane estremamente problematica. In questo caso, non è infatti possibile stabilire accordi di contenimento dei flussi con i paesi interessati sulla scorta di quello concluso con la Turchia. È necessario quindi mettere in campo una strategia differente: il Consiglio europeo dello scorso giugno ha approvato i Migration compacts con un gruppo di paesi prioritari: Niger, Nigeria, Mali, Senegal ed Etiopia. I Migration compacts includono misure a breve e a lungo termine. Le iniziative a breve termine si articolano attorno a tre priorità: a) supporto nel reintegrare i migranti irregolari che sono rimpatriati in quei paesi; b) sostegno nella gestione delle frontiere; c) supporto nel controllare il territorio e ristabilire la legalità.
La strategia di lungo termine portata avanti dalla UE mira invece ad affrontare le cause profonde alla base delle migrazioni, con l’obiettivo di ridurre i fattori di spinta che inducono molte persone a lasciare i propri paesi di origine. Quando si pensa alle cause profonde alla base delle migrazioni solitamente esse sono identificate con la povertà; occorre però riconoscere che la realtà è più complessa e che spesso situazioni di indigenza si uniscono a mancanza di sicurezza, attentati terroristici, incapacità dello stato di assicurare i servizi essenziali. Il Piano per gli investimenti esterni della UE, attualmente in fase di approvazione, si pone l’obiettivo di mettere insieme fondi pubblici e investimenti privati a sostegno dello sviluppo economico dei paesi partner, attraverso la creazione di start-up nei settori tecnologici e nel settore energetico, settori importanti e redditizi non solo in Europa ma anche in quei paesi.
Manservisi ha sottolineato come l’uso degli aiuti allo sviluppo per gestire le migrazioni sia spesso criticato ma come esso costituisca un’importante opzione a disposizione dei decisori politici per gestire un fenomeno così complesso.
In conclusione Manservisi, ha ricordato il recente European Consensus on Development presentato dalla Commissione e ispirato all’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il documento mette in evidenza le relazioni che intercorrono fra politiche di sviluppo e politiche di sicurezza, mobilità, energia. Un approccio sinergico fra queste aree politiche può garantire una gestione della migrazione in grado di assicurare un reciproco beneficio per i paesi di origine e destinazione.
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Tavola Rotonda “Per un’accoglienza integrata”
La Tavola Rotonda “Per un’accoglienza integrata” è stata moderata dal Vice direttore del Corriere della sera Venanzio Postiglione e ha visto la partecipazione di Mario Morcone, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, Andrea De Boni, Protection Associate di UNHCR, e Pierangelo Albini, Direttore Area Lavoro e Welfare di Confindustria.
Il Prefetto Morcone ha sottolineato come il nostro paese, pur fra mille difficoltà, stia facendo la sua parte nella gestione dell’accoglienza, un settore che vede innumerevoli iniziative di valore e lo sforzo di tante persone per bene. Ha posto l’attenzione sull’informazione spesso scorretta e distorta sul tema dell’accoglienza che rischia di vanificare gli sforzi profusi da numerosi attori pubblici e privati.
Ha poi sottolineato come, al di là della fase della prima accoglienza, la vera partita da giocare in futuro sia quella dell’integrazione. Il Capo Dipartimento ha citato una serie di iniziative già avviate dal Ministero dell’Interno, come il Protocollo di Intesa con Confindustria per stage formativi in azienda o il Protocollo di Intesa con CRUI per far proseguire gli studi a chi era stato costretto ad interromperli nel proprio paese e il recente coinvolgimento dei centri CONI per garantire l’accesso alle sue strutture ai migranti che risiedono nel nostro Paese.
Il lavoro rimane un tema cruciale: bisogna mettere in atto un ragionamento ampio per pensare a contratti atipici o altre forme di coinvolgimento nel mondo del lavoro dei migranti. In futuro, bisogna ampliare le iniziative esistenti coinvolgendo tutti i ministeri competenti e le associazioni di categoria.
De Bonis ha ripercorso le principali tappe della riforma del sistema di accoglienza italiano iniziata nel 2014 e ha sottolineato come la fase della seconda accoglienza sia quella su cui occorre concentrare gli sforzi. Attualmente il grosso limite del sistema italiano è che la grande maggioranza degli ospiti è accolta nei Centri Accoglienza Straordinaria (CAS) e solo una parte relativamente modesta nel Sistema Protezione Richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), che secondo la riforma dovrebbe divenire il sistema unico per la seconda accoglienza. Lo SPRAR prevede iniziative di integrazione, corsi di lingua, formazione professionale, che sono necessarie per l’integrazione dei richiedenti e dei beneficiari di protezione internazionale.
Sul fronte della comunicazione, De Bonis ha sottolineato la necessità di considerare le migrazioni verso l’Europa in un’ottica globale. Le statistiche raccolte dall’UNHCR evidenziano come le migrazioni forzate a livello globale abbiano raggiunto nel 2015 la cifra di 65 milioni. I principali paesi che ospitano i rifugiati sono la Turchia, Pakistan, Giordania, Libano. Le motivazioni che spingono le persone ad abbandonare questi paesi devono essere spiegate in modo chiaro all’opinione pubblica. È importante anche dare concretezza ai numeri degli sbarchi, mostrando come dietro ci siano le storie di persone in fuga da persecuzioni e violenze.
Albini ha messo in luce come per vincere la sfida posta dalle migrazioni, in particolare per ciò che concerne l’integrazione, occorra innanzitutto combattere alcune paure solitamente associate a questi fenomeni. Una di queste è che gli immigrati “ruberebbero” il lavoro agli italiani; in realtà si tratta di lavori che gli italiani non intendono più svolgere. Il nostro paese ha numerosi vantaggi da trarre da un’immigrazione correttamente gestita: settori come l’agricoltura e l’edilizia sono fortemente dipendenti dalla manodopera straniera. Inoltre, l’Italia può trarre beneficio dall’immigrazione per attenuare il declino demografico e ridurre la perdita di persone in età attiva.
Secondo Albini, in definitiva, il tema di fondo da prendere in considerazione è quello dell’attrattività del nostro paese che è rappresentata dal settore manifatturiero. Il modello classico deve trasformarsi in una “Manifattura 4.0”, che consiste nell’integrazione crescente di servizi, internet e tecnologie informatiche nella produzione industriale. Se l’Italia sarà in grado di vincere questa sfida potrà assicurare il benessere per i suoi cittadini e diventare un paese accogliente anche per i migranti.
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L’Europa è stata investita nel 2015 da un’ondata migratoria senza precedenti: oltre un milione di migranti, provenienti principalmente dall’Africa e dal Medio Oriente, ha attraversato il Mediterraneo per approdare nel vecchio continente. Di fronte a una crisi umanitaria di tale portata, l’Unione europea ha mostrato segni di fragilità: alcuni Stati membri hanno infatti messo in discussione il trattato di Schengen e il Regno Unito ha addirittura scelto si abbandonare l’Unione.
In questo Ventiduesimo Rapporto la Fondazione Ismu mette in evidenza come i fenomeni migratori e le complesse sfide che essi portano con sé stiano costituendo un banco di prova, non solo per le politiche europee di immigrazione e asilo, ma anche per la tenuta stessa dell’Unione.
Il volume dedica particolare attenzione anche all’analisi della popolazione straniera in Italia che ha raggiunto al 1° gennaio 2016 5,9 milioni di presenze. Oltre alle consuete aree di interesse (demografia, normativa, lavoro, scuola, salute), il Rapporto approfondisce quest’anno alcuni temi di grande attualità come quello dei minori stranieri non accompagnati e il fenomeno del radicalismo islamico.
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Ogni anno La Fondazione ISMU conferisce un riconoscimento a stranieri che si sono contraddistinti per capacità e impegno all’interno della nostra società. Il premio viene consegnato ai vincitori nell’ambito della presentazione del rapporto annuale sulle migrazioni.
I vincitori
Pajtim Brija
La sua è una storia di solidarietà, sacrificio e speranza. Grazie al suo impegno e a quello delle istituzioni, come la Fondazione Welfare Ambrosiano, Pajtim Brija, 25 anni, albanese originario di Kukes, oggi è riuscito a realizzare il suo sogno più grande, quello di mettersi in proprio e di diventare imprenditore.
Quattro anni fa infatti Pajtim ha aperto la sua ditta di giardinaggio specializzata nella manutenzione del verde pubblico: Fratelli Brija. Oggi la sua azienda dà lavoro a cinque operai, quattro albanesi e uno rumeno, che assieme a lui si dedicano alla cura di parchi, giardini e aiuole in diversi quartieri di Milano.
Ma prima di arrivare a realizzare il suo sogno Brija ha dovuto affrontare mille difficoltà. Fuggito dall’Albania a soli 16 anni nel 2007, Brija è arrivato a piedi in Italia dopo tre giorni di viaggio con la speranza di trovare lavoro. Con sé non aveva niente a parte una grande voglia di volercela fare. Così non appena ha raggiunto Milano, Brija si è subito consegnato alle forze dell’ordine che lo hanno accompagnato in un centro per minori non accompagnati in via Dogana, dove è rimasto per due anni. Lì non solo ha potuto proseguire gli studi e imparare l’italiano, ma ha anche potuto frequentare un corso professionale di giardinaggio. Dopo aver imparato il mestiere, Brija è stato assunto da una ditta di Cormano (Milano), dove ha lavorato per un anno e otto mesi, fino a quando l’azienda non è fallita. Ma lui non si è arreso, e, grazie al prestito di un suo caro amico e a un microcredito di 10.000 euro a tassi agevolati offerto dal PerMicro SPA e Fondazione Welfare Ambrosiano, nel 2012 ha comprato l’attrezzatura e ha inaugurato la sua azienda.
Ma i suoi progetti non finiscono qui. Brija ha deciso di diversificare la sua attività e di aprire un pub sempre a Milano entro fine anno. “Ormai l’Italia è diventata la mia patria. A Milano mi sento a casa: è una città dove ho trovato una solidarietà incredibile. Se sono arrivato fin qui infatti è grazie all’affetto e al sostegno delle persone che ho conosciuto”.
In occasione della presentazione del XXII Rapporto sulle migrazioni, Pajtim Brija viene premiato con il Riconoscimento Ismu 2016 “perché pur partendo da una situazione di grande svantaggio, con il suo coraggio, la sua intraprendenza e la sua forza di volontà è riuscito a inserirsi pienamente nel tessuto sociale ed economico locale dimostrando una spiccata capacità imprenditoriale”.
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Black Panthers FC
I Black Panthers FC sono una squadra di calcio nata dall’incontro tra alcuni attivisti italiani e un gruppo di richiedenti asilo del centro di accoglienza di via Aldini di Milano. La squadra è composta da trenta giocatori, di età compresa tra i 18 e i 24 anni, che arrivano per la maggior parte da Senegal, Gambia, Costa d’Avorio, Somalia e Yemen (gli italiani sono solo tre).
A un anno dalla loro nascita, dopo mesi di sacrificio e di impegno, e soprattutto grazie alla solidarietà di tutti coloro che li hanno sostenuti, i Black Panthers FC sono riusciti a iscriversi al campionato Unione Italiana Sport Per tutti e al Campionato Popolare Mediterraneo antirazzista. Insomma di strada ne hanno fatta, se si pensa che quando hanno iniziato non tutti avevano le scarpe da calcio e chi le aveva le dava agli altri giocatori durante la partita nel momento del cambio. Rispetto alle altre squadre di calcio amatoriali, i Black Panthers FC hanno una marcia in più: quando scendono in campo non solo si battono per vincere, ma anche per difendere i diritti dei migranti e denunciare le ingiustizie che li affliggono.
I principi sui quali si fonda la squadra sono la solidarietà, il mutualismo e la lotta contro ogni tipo di discriminazione.
In occasione della presentazione del XXII Rapporto sulle migrazioni, i Black Panthers FC vengono premiati con il Riconoscimento Ismu 2016 “perché hanno dimostrato che lo sport non solo è uno strumento di integrazione ma anche un mezzo per lottare contro ogni forma di discriminazione nei confronti di chi rischia la vita per raggiungere l’Europa”.
Ritira il premio ISMU la squadra capitanata dall’allenatore Mamadi Camara. Interviene Suleyman Jallow, copresidente dei Black Panthers FC.