Il lavoro multietnico

Negli ultimi vent’anni la crescita dell’immigrazione ha trasformato il mercato del lavoro italiano rendendolo irreversibilmente multietnico. Gli archivi Inps registravano nel 1991 (primo anno disponibile) soltanto 209.220 lavoratori stranieri regolari, passati a 263.257 nel 1994 (anno di pubblicazione del Primo Rapporto Ismu), per poi arrivare a 878.993 all’inizio del millennio. Poi a partire dal 2005 l’Istat ha istituito la nuova indagine permanente sulle forze lavoro straniere, strumento che permette di monitorare in modo più attendibile la crescita e la trasformazione del fenomeno migratorio nel nostro Paese.

Occupati e disoccupati. Tra il 2005 e il 2013 gli occupati stranieri passano da 1.169.000 a 2.356.000, registrando una crescita di 1.187.000 unità (+201%), mentre quelli italiani diminuiscono di ben 1.329.000, passando da 21.393.000 a 20.064.000. La disoccupazione assume una configurazione sempre più multietnica, considerato che, in quest’arco di tempo, il numero di immigrati alla ricerca di un impiego quasi si quadruplica, fino ad arrivare a coprire oltre un sesto del totale dei disoccupati (mentre ne rappresentava solo un quattordicesimo all’inizio del periodo considerato). A colpire è soprattutto il fatto che, anche negli anni più bui di questa recessione, gli occupati stranieri hanno continuato a crescere, dando corpo a quello strano binomio di un’immigrazione che cresce nonostante la stagnazione. Anche considerando i dati relativi all’ultimo anno, si nota che nel 2013, rispetto al 2012, gli occupati stranieri crescono, anche se di poco (+22.000), mentre quelli italiani diminuiscono di 501.000 unità, arrivando a quota 20.064.000.

Basse qualifiche. Per Eurostat 2013, ben il 29% degli stranieri è impiegato in un’occupazione elementare (rispetto al 7% degli italiani), il 52,9% lavora come operaio specializzato in agricoltura, pesca, lavori artigianali, o come conduttore di impianti e macchinari. Il 13% svolge mansioni impiegatizie o di addetto alle vendite, e solo il 5% occupa una posizione “apicale”, svolgendo una professione manageriale o tecnica (categoria che invece copre il 35,9% degli occupati italiani). Neppure 1 su 10, tra gli stranieri diplomati o laureati, svolge un lavoro qualificato. Più di 4 stranieri su 10 risultano sovraistruiti, ovvero impiegati in mansioni che richiedono competenze inferiori rispetto al titolo di studio conseguito, una percentuale che tra le donne sfiora addirittura il 50%.

Per altri dati consulta anche I numeri dell’immigrazione