Il settore Economia e Lavoro della Fondazione ISMU pone al fulcro del proprio interesse scientifico il tema dei saperi e delle competenze dei migranti, nonché del loro riconoscimento. Agendo tramite iniziative di ricerca, sensibilizzazione e network building persegue l’obiettivo di portare a galla e sprigionare, nel mercato del lavoro, il potenziale delle risorse umane con background migratorio, ed in particolare dei loro apprendimenti formali, non formali ed informali.
In tale direzione, un primo scoglio da superare è la difficile emersione di questi saperi, che spesso restano invisibili a causa della scarsa accessibilità e fruibilità dei sistemi preposti al riconoscimento delle qualifiche e delle competenze e alla loro scarsa duttilità nel rispondere alle sfide poste dalla diversità. Nell’ambito del progetto internazionale DIVERSE è stata realizzata, su scala europea, una comparazione dei diversi sistemi nazionali di riconoscimento degli apprendimenti formali, non formali ed informali, che sono stati analizzati anche, specificamente, nel loro livello di “migrant friendliness”. Ne è scaturita una stimolante riflessione ricca di spunti per un miglioramento di tali sistemi, nella direzione di una maggiore inclusività (a tal proposito si veda: Lodigiani R., Sarli A. (2017), Migrants’ Competence Recognition Systems: Controversial Links between Social Inclusion Aims and Unexpected Discrimination Effects. in European Journal forResearch on the Education and Learning of Adults, 2017; 8 (1).
Parallelamente, nell’ambito dello stesso progetto, è stato attivato e guidato un processo transnazionale, partecipato e multi-stakeholder, che ha portato alla messa a punto e alla validazione di un dispositivo specificamente finalizzato all’emersione e al riconoscimento delle competenze dei migranti, con particolare riguardo a quelle sviluppate proprio in virtù dell’esperienza migratoria (a tal proposito si veda: Catania C., Sarli A., e Serio L., Building a multi-stakeholder device for the validation of non/in-formal learning: a shared experience on a European level, in: L. Zanfrini (a cura di), The Diversity Value. How to Reinvent the European Approach to Immigration, McGraw-Hill Education, Maidenhead, UK, 2015, pp. 79.98.
Tra le abilità intrinsecamente legate al background migratorio, che è esperienza diretta per i migranti e eredità familiare per le seconde generazioni, campeggiano le competenze interculturali. Si tratta di una risorsa tanto preziosa quanto sottoutilizzata, nell’ambito di una contemporaneità globalizzata sempre più intensamente messa alla prova dalle sfide del pluralismo culturale e dell’interconnessione planetaria. Il settore Economia e Lavoro della Fondazione ISMU si dedica con particolare attenzione all’analisi di questo patrimonio e alla promozione del suo riconoscimento sociale. Ciò è considerato strategico sia per favorire l’inclusione lavorativa delle persone con background migratorio, sia per innescare auspicabili processi di riorganizzazione in chiave pluralistica ed inclusiva dei servizi e delle organizzazioni del mercato del lavoro (a tal proposito si veda: (Sarli A., (2017), Le competenze interculturali delle persone con background migratorio: una risorsa da comprendere e valorizzare, ISMU Paper, luglio.
Oltre alle competenze maturate in contesti informali (come la migrazione), anche i saperi acquisiti all’estero in ambito formale necessitano un riconoscimento che spesso non è immediato né semplice da conseguire. Sono numerosi i pronunciamenti di recente emanati dalle istituzioni europee che esortano gli stati membri ad impegnarsi per favorire il riconoscimento delle qualifiche dei migranti, opportunità che ne favorisce l’occupabilità e la mobilità professionale, oltre a promuovere un più adeguato incontro tra domanda e offerta di lavoro. Se una serie di ostacoli, quali la farraginosità e gli elevati costi delle procedure, la mancanza di informazione e le barriere linguistiche e culturali, scoraggiano molti migranti dall’intraprendere la strada del riconoscimento, per i beneficiari di protezione internazionale può sussistere una difficoltà ancora più sostanziale. Si tratta della frequente assenza o scarsità della documentazione attestante la qualifica, dovuta alle circostanze repentine in cui si è verificata la partenza. Dal 2014 tale criticità è affrontata dalla normativa italiana (comma 3 bis all’art. 26 del D. L. 251/2007) che, implementando la Convenzione di Lisbona sul riconoscimento, prevede per i beneficiari di protezione internazionale la possibilità di riconoscimento anche in caso di documentazione frammentaria o assente. Ciò implica, per le autorità competenti, la messa a punto di nuove metodologie e strumenti.
Il settore Economia e Lavoro della Fondazione ISMU segue con interesse questo processo di innovazione, che, specialmente nel riconoscimento delle qualifiche accademiche e grazie all’impulso del Centro Enic-Naric Cimea, sta portando ad interessanti risultati e ad una trasformazione della cultura del riconoscimento (a tal proposito si veda: Sarli A. (2018), Nuove metodologie per la valutazione delle qualifiche accademiche dei beneficiari di protezione internazionale in Italia, ISMU Paper, marzo).
L’obiettivo di questo impegno a tutto tondo per la valorizzazione del capitale umano dei migranti è innanzitutto incoraggiare un cambiamento di carattere culturale, verso una nuova e più matura stagione nelle relazioni tra immigrazione e mercato del lavoro, in cui la prima non sia più vista soltanto come una riserva di forza lavoro adattabile e a buon mercato, ma piuttosto come una risorsa preziosa per la crescita sociale ed economica italiana ed europea.
Si segnala l’approfondimento tematico sulla valorizzazione delle competenze dei migranti realizzato sul Portale Integrazione Migranti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. CLICCA QUI