L’espressione ricongiungimento familiare si riferisce al fenomeno che porta alla ricostituzione nel paese d’accoglienza di un nucleo familiare precedentemente frammentato dal percorso di migrazione. Sia tra i diversi gruppi etnici, sia all’interno della stessa etnia, le pratiche che danno forma al ricongiungimento del nucleo familiare sono plurime1, ad indicare la contingenza del progetto migratorio, suscettibile di cambiamento nel tempo e – talvolta – anche nello spazio. La forma del ricongiungimento è condizionata, infatti, oltre che dalle norme giuridiche del paese d’accoglienza e dalla loro interpretazione, anche dai progetti individuali della famiglia, dalle condizioni di vita e di contesto sia di chi richiede il ricongiungimento, sia di colui che effettua il ricongiungimento. All’interno di questa pluralità di forme di ricongiungimento, i minori, in modo specifico, sono chiamati, pur nella loro limitatezza e immaturità evolutiva, a elaborare vissuti e a cercare risposte a una serie di problematiche, talvolta di difficile soluzione. In quale modo i bambini e i ragazzi, che si ricongiungono al genitore o ai genitori emigrati in precedenza, rielaborano questo evento, fortemente segnato da sentimenti e vissuti di separazione e di perdita? Sono infatti molteplici le sfide che i minori ricongiunti2 si trovano a dover affrontare subito dopo il loro arrivo in Italia.
Generalmente il migrante organizza il riavvicinamento di uno o più membri della famiglia originaria dopo un certo numero di anni di permanenza nel nuovo paese, quando ha raggiunto una sufficiente sicurezza economica ed una adeguata collocazione abitativa. In tal caso la riunificazione familiare coincide anche con una modificazione degli obiettivi del progetto migratorio, che da prospettiva temporanea assume un carattere di scelta permanente. La ricostituzione formale di un nucleo familiare unitario non è tuttavia scevra da criticità. Nella maggior parte delle famiglie ricongiunte è infatti necessario ricostruire legami interrotti da una lontananza affettiva oltre che spaziale e provvedere a rinegoziare i rapporti interpersonali all’interno di un nuovo contesto di vita. Esistono poi situazioni in cui un ricongiungimento non programmato si impone a seguito di rapide mutazioni delle condizioni socio-politiche (cambiamenti del regime di governo con situazioni di discriminazione e/o di persecuzione) o di inattese modificazioni del contesto familiare nel paese d’origine (ad esempio, il venir meno delle figure responsabili della cura dei figli). Quando presente, il trauma dell’allontanamento forzato dal paese d’origine va ad acuire ulteriormente la sensazione di distacco e perdita del familiare ricongiunto e ad aumentare le difficoltà nella ristrutturazione degli equilibri all’interno e all’esterno della famiglia ricostituita.
a) Il ricongiungimento dei coniugi
Questa è la modalità di riunificazione che, in questi anni, è stata più frequentemente utilizzata dagli stranieri immigrati in Italia. Questa forma di ricongiungimento, al suo interno, può essere distinta in ricongiungimento al maschile e ricongiungimento al femminile. Il ricongiungimento al maschile consiste nel movimento migratorio che la moglie compie per ricongiungersi al marito, modalità questa prevalente soprattutto tra gli immigrati provenienti da Paesi del Nord Africa. Il ricongiungimento al femminile, consiste, invece, nel movimento migratorio che compiono il marito e/o i figli per ricongiungersi alla moglie e/o alla madre; modalità, questa, prevalente soprattutto tra gli immigrati che provengono dalle Filippine, dal Perù e dal Salvador.
I coniugi che si trovano a vivere in questa situazione di “ricomposizione della coppia” sono spesso chiamati a ridefinire i loro ruoli e il tipo di rete di sostegno che avevano costruito in Italia, in quanto singoli individui in un contesto straniero. Ad essi è anche richiesto di creare una relazione di coppia del tutto nuova, condizionata dal fatto che possono essere divenuti estranei l’uno per l’altro, dopo una lunga separazione, vissuta per di più in contesti culturalmente molto differenti. Questa famiglia si trova così a sperimentare una duplice modalità di relazione interpersonale: quella vissuta nel paese d’origine dopo il matrimonio e fino alla decisione di uno dei due di migrare e quella che viene vissuta in Italia dopo che il primo migrante ha già sviluppato “un modo compensativo di essere famiglia”, elaborando autonomamente la separazione dall’altro, l’assenza e l’attesa.
b. Il ricongiungimento in coppia
Una differente forma di ricongiungimento è poi il ricongiungimento in coppia, che riguarda i genitori che sono partiti lasciando i figli nel paese d’origine; scelta dettata o dalla volontà di farli studiare in un contesto educativo tradizionale in vista di un loro futuro ritorno, o perché non esistevano ancora le condizioni economiche per poter partire tutti insieme. All’interno di questa modalità di ricongiungimento si può rilevare anche quella che gli studiosi hanno definito formula selettiva o privilegiata: i figli raggiungono i genitori in tempi diversi – solitamente prima i maschi e poi le femmine -, oppure i diversi membri della famiglia vengono ricongiunti separatamente, “selezionando” chi è opportuno che parta per primo, anche in funzione di lasciare nel paese d’origine qualche testimone della cosiddetta “continuità identitaria”.
c. Altre forme di ricongiungimento
Secondo i diversi studiosi, i ricongiungimenti familiari possono essere ulteriormente distinti in: ricongiungimento per scelta, quando il progetto migratorio è condiviso da tutti i membri del gruppo familiare; ricongiungimento per imposizione da parte di uno dei componenti della famiglia, più frequentemente colui che detiene le maggiori risorse di tipo economico; ricongiungimento “per opportunità”, quando le condizioni economiche e abitative sono soggettivamente ritenute adeguate da chi decide di procedere al ricongiungimento, anche se queste condizioni non corrispondono agli oggettivi requisiti di idoneità richiesti dalla normativa vigente in materia di ricongiungimento nel paese ospitante; ricongiungimenti subordinati, quando il ricongiungimento viene rinviato in attesa che si verifichi una certa condizione: ad esempio, che i genitori paterni o materni si rimettano in salute, che i figli siano autosufficienti, che i figli più grandi siano in grado di lavorare.
Più recentemente alcune ricerche hanno rilevato anche la presenza di ricongiungimenti a fini fiscali, quando i familiari si ricongiungono per ottenere agevolazioni o integrazioni fiscali previste dalla legge a favore dei nuclei familiari; trascorso però un certo periodo di tempo, una parte della famiglia viene rinviata nel paese d’origine, o comunque vi trascorre lunghi periodi nel corso dell’anno. È importante segnalare che questa modalità di ricongiungimento, di tipo sostanzialmente strumentale, può occultare situazioni familiari che non riescono a costruire ritmi e tempi della convivenza in Italia.
Sono state rilevate anche forme di ricongiungimento temporaneo o a pendolo, sostanzialmente con due finalità: far studiare i figli in Italia – o farli nascere in Italia – dando così loro “potenzialmente” la possibilità di acquisire un giorno la cittadinanza italiana; oppure utilizzare servizi sanitari più qualificati per curare la malattia di un membro della famiglia, il quale, una volta ristabilito, viene fatto rientrare nel paese d’origine.
Per alcuni gruppi etnici poi, ad esempio gli stranieri immigrati dall’Egitto, è frequente un’ulteriore forma di ricongiungimento, in cui l’uomo già emigrato da anni rientra nel proprio paese d’origine per contrarre matrimonio – chiaramente un matrimonio combinato –, sposando una giovane donna che poi successivamente lo seguirà all’estero. In questa situazione la donna diviene al tempo stesso moglie, madre e immigrata. Accanto all’inesperienza relativa ai nuovi ruoli, come quello di moglie che si deve prendere cura della gestione della casa e quello di immigrata in un paese sconosciuto di cui non conosce per nulla la lingua, si deve mettere in conto, per queste giovani donne, anche le difficoltà di convivenza con un uomo poco conosciuto – se non del tutto sconosciuto – e l’esperienza della maternità. Questo tipo di comportamento è stato definito ricongiungimento di secondo livello, proprio per le modalità con cui avviene. Questa forma di ricongiungimento, pur ricca di tensioni, risulta però anche apportatrice di innovazione e di cambiamento. L’individuo che rientra nel paese d’origine appositamente per sposare una connazionale, oltre a contribuire a salvaguardare l’eredità culturale della sua terra, è contemporaneamente latore di emancipazione per una donna che molto spesso non avrebbe avuto altro modo per staccarsi ed emanciparsi dai rigidi ruoli imposti dalla tradizione del suo paese d’origine.
Accanto a queste forme, bisogna segnalare che negli ultimi anni sono sempre più numerosi i casi di ricongiungimento messi in atto da donne sole, non sposate, che richiamano in Italia il figlio nato nel paese d’origine, e i casi di genitori materni o paterni che vengono fatti giungere in Italia per ricostituire la famiglia allargata o per svolgere il lavoro di cura nei confronti dei nipoti più piccoli.
Questa pur sintetica tipologia lascia trasparire come ricongiungimenti così variamente motivati pongano diversi e complessi problemi, pur avendo in sé grandi potenzialità. Dovendo reinterpretare le relazioni di soggetti rimasti separati per lungo tempo per i più diversi motivi, dovendo trovare nuovi equilibri e ridefinire ruoli e comportamenti in un contesto culturalmente diverso e del tutto nuovo, un istituto di stabilizzazione come il ricongiungimento può – se non sostenuto – divenire così, in alcune situazioni, un istituto di “destabilizzazione”.
I minori ricongiunti si trovano a dover affrontare importanti sfide una volta raggiunti i genitori – o il genitore – nel paese d’emigrazione. Essi devono ricostruire legami affettivi nei confronti del genitore o di entrambi i genitori, che possono essere divenuti per loro quasi degli estranei, partiti molto tempo prima e incontrati durante il periodo della separazione in maniera solo saltuaria e nel contesto del paese d’origine, molto differente quindi dall’Italia. Il tema del distacco e della separazione è dunque centrale nelle storie di vita dei bambini e dei ragazzi immigrati ricongiunti: separazione dal genitore che decide di emigrare all’inizio, e separazione dalle figure parentali che li hanno cresciuti fino a quel momento nel paese d’origine, al momento del ricongiungimento. Essi, inoltre, devono trovare soprattutto dentro di sé risorse e motivazioni forti e consolidate per potersi inserire nel nuovo contesto scolastico e nel nuovo gruppo dei pari, per imparare la nuova lingua, per poter comunicare nella vita di tutti i giorni, per studiare e per apprendere.
Al momento dell’arrivo in Italia vi possono poi essere altre emozioni e altri vissuti che accompagnano la fase immediatamente successiva al ricongiungimento: ad esempio, la perdita delle illusioni e delle aspettative precedenti alla venuta in Italia, oppure la “demitizzazione” della figura paterna, ritenuta fino a quel momento potente e prestigiosa, oppure ancora il confronto improvviso con relazioni e legami inaspettati, che divengono fonti di disagio.
Quanto appena descritto – che ha una diretta influenza sia sui legami intrafamiliari, sia sui legami extrafamiliari – risulta ancor più faticoso da affrontare se vissuto nell’età adolescenziale. Spesso gli adolescenti ricongiunti hanno subito la decisione del genitore – o dei genitori – e si trovano a dover partire all’improvviso, senza averlo scelto o perlomeno negoziato. L’arrivo in Italia comporta dunque – almeno inizialmente – forme di dipendenza, perdita dei riferimenti affettivi e dei legami amicali, ridefinizione dell’immagine di sé: situazioni che rendono ancor più difficoltoso il percorso verso l’autonomia, soprattutto di un adolescente. L’inserimento scolastico, inoltre, in situazione di svantaggio linguistico, di ritardo rispetto al programma, di distanza nei confronti dei coetanei può acuire ulteriormente il vissuto di isolamento e di perdita.
Per un figlio, comunque, il momento del viaggio migratorio e della riunificazione al genitore, o ai genitori, non è solo carico di fatica e di sofferenza, ma è certamente anche ricco di emozioni e di aspettative. Esso rappresenta sì una frattura, una separazione dai luoghi e dalle figure che sono state il contesto della propria esistenza fino a quel momento, ma, al contempo, rappresenta anche l’incontro con la parte della propria famiglia “lontana”, da cui si è stati separati in precedenza. L’incontro richiede tuttavia la capacità di riprendere e riattivare legami affettivi bruscamente interrotti o temporaneamente sospesi; richiede la capacità di rivedere le aspettative e le illusioni fantasticate prima della partenza e di confrontarle con la nuova realtà; richiede la necessità di condividere, dopo il tempo del distacco, uno spazio e un tempo sconosciuti e non sempre accoglienti.
Alcuni studiosi ritengono che i fattori che sembrano avere un peso maggiore rispetto alla riuscita, o viceversa al fallimento, del ricongiungimento del minore con i propri genitori siano quattro: l’età dei figli nel momento del ricongiungimento; le modalità e i tempi del ricongiungimento: con chi arrivano, dopo quanto tempo dalla partenza del genitore o dei genitori, in quale momento e perché arrivano, la condizione giuridica dei ricongiunti; la modalità di preparazione della partenza nel paese di origine, attraverso il coinvolgimento del minore nel progetto migratorio, la prefigurazione della sua vita altrove, la sua capacità di contenere timori e ansie; il contesto che attende il minore nel paese d’accoglienza: la preparazione o l’improvvisazione del ricongiungimento, le condizioni di vita della famiglia immigrata in Italia, la composizione della famiglia, la qualità della prima fase di inserimento del minore, le modalità di utilizzo dei servizi.
In particolare, per quanto riguarda l’età del minore al momento dell’arrivo in Italia, dalle ricerche sembrerebbe emergere che siano facilitati i bambini più piccoli, nella fascia di età prescolare o della scuola primaria. Difficoltà maggiori – di tipo relazionale e di inserimento – vengono invece rilevate tra i preadolescenti e gli adolescenti, che possono incontrare anche problemi linguistici e scolastici. Emergono, inoltre, a queste età, forti resistenze a staccarsi da un complesso di affetti e di amicizie consolidate nel tempo e a ricostituire legami affettivi in Italia. Anche le forme di rifiuto esplicito al ricongiungimento familiare, conseguente ad una scelta di migrare che non hanno condiviso, sembrano più diffuse fra i ragazzi e le ragazze più grandi.
Questi fattori di criticità sono in genere connessi anche alle modalità e ai tempi dell’arrivo in Italia. A volte, i figli arrivano in Italia da soli e vivono l’esperienza della riunificazione familiare – e delle perdite che ad essa si accompagnano – nella solitudine e nel silenzio. In altri casi, ad esempio quando giungono con la madre, che rappresenta la continuità tra il prima e il dopo, tra le diverse parti della propria storia, il silenzio lascia il posto a momenti di profonda intimità, nei quali vengono condivisi ricordi e affetti.
Un’ulteriore modalità che condiziona il successo del ricongiungimento del minore con la sua famiglia è la preparazione o meno del momento del distacco e della partenza. In alcuni casi, infatti, il ricongiungimento è improvviso, non preparato, e avviene in seguito a eventi imprevisti, occorsi alle persone che si prendevano cura del minore nel paese di origine e al venir meno della situazione di protezione, come ad esempio la morte di un parente, o in seguito a cambiamenti inaspettati nel contesto sociale del paese d’origine. In altri casi, invece, il ricongiungimento è preparato con cura e proposto e condiviso con il figlio, che può così sapere in anticipo quello che succederà nel suo futuro. I bambini e i ragazzi hanno modo, in questo secondo caso, di vivere l’attesa, di fantasticare e di progettare la partenza e l’arrivo nel nuovo paese, di anticipare le condizioni della propria vita in un nuovo contesto. Quando la partenza è invece improvvisa, si trovano catapultati nella nuova realtà senza che vi siano stati in precedenza tempi e possibilità di elaborare il distacco e di investire – simbolicamente e affettivamente – sulla nuova condizione di vita in Italia.
Per quanto riguarda il contesto dell’accoglienza in Italia, esso può offrire condizioni di vita adeguate, serene, sia rispetto alla famiglia già presente nel nostro contesto, sia rispetto alle capacità di accoglienza del territorio, della scuola e dei servizi. Il genitore può, infatti, aver preparato in qualche modo il momento di inserimento del figlio, aver già preso contatti con i servizi educativi e aver riorganizzato lo spazio abitativo sulla base delle esigenze dei nuovi arrivati. Al contrario, i minori ricongiunti – soprattutto se hanno lasciato improvvisamente il loro paese d’origine per cause di forza maggiore – si possono trovare in situazioni familiari ancora segnate dall’emergenza, dalle difficoltà economiche e da una condizione abitativa particolarmente disagiata.
In alcuni casi, i figli giungono in Italia per ricongiungersi con la madre e si trovano a dover prendere atto, con dolorosa sorpresa, di situazioni nuove e impreviste: la madre, ad esempio, che convive con un partner italiano e sono presenti “fratelli” e “sorelle”, nati da questa unione, fino a quel momento sconosciuti. Per questi minori, oltre alle vulnerabilità specificamente legate allo spostamento e alla necessità di orientarsi nel nuovo contesto, si prospetta anche il compito di dover ritrovare il loro posto in una famiglia che non è più la loro, ma che ha integrato, nel frattempo, nuove ed “estranee” presenze.
Per i minori, dunque, più che nel caso del migrante adulto, la riuscita – o il fallimento – del ricongiungimento dipende da una molteplicità di fattori, che molto spesso sono fuori dalle loro possibilità di controllo e che chiamano in causa in maniera determinante la resilienza, quella capacità cioè del minore di resistere e di far fronte con successo a condizioni di vita molto difficili, che minacciano in modo consistente il suo percorso di sviluppo.
L’istituto della riunificazione familiare per gli stranieri immigrati, così ampiamente utilizzato nel nostro Paese, si costituisce dunque non solo come una procedura burocratica, ma piuttosto – come sostengono diversi studiosi – come una “possibile ed efficace soluzione migratoria”, che richiede specifiche forme di elaborazione e di presa di decisione da parte dei diversi attori che vi prendono parte. Si tratta di un iter complesso, quello del ricongiungimento, che può mettere a dura prova sia le risorse economiche, sia le risorse psicologiche di chi lo richiede. Chi attiva il ricongiungimento deve sapere che avrà un apparire differente sulla scena migratoria, che non potrà più essere e sentirsi una “presenza parziale”, in quanto lavoratore solo; deve sapere che dovrà modificare il suo sistema di relazioni all’interno e all’esterno del nucleo familiare; deve sapere che sarà costretto a rapporti più prossimi con gli organismi burocratici, con i servizi alla persona, con le istituzioni di controllo. E tutto ciò dovrà avvenire in una condizione di maggior fragilità psicologica, in quanto il ricongiungimento mette radicalmente in discussione ruoli, atteggiamenti e comportamenti consolidati, per giungere, in un arco temporale spesso breve, a nuove forme di relazione.