8 marzo: quante e chi sono le donne straniere che vivono in Italia?
Se fino alla fine degli anni Settanta la presenza straniera in Italia è stata modesta e a leggera prevalenza femminile (soprattutto con le prime immigrate dalle Filippine), successivamente e fino a circa dieci anni fa Fondazione ISMU ha segnalato invece una maggioranza di presenze straniere maschili, dovuta soprattutto ai grandi flussi storici dapprima marocchini e poi albanesi. Al 1° gennaio 1991, ad esempio, si potevano stimare in Italia 475mila stranieri maschi contro solamente circa 330mila femmine, in rapporto cioè quasi di tre a due; ma nell’ultimo decennio con l’ingresso della Romania nell’area di libera circolazione europea, i sempre più frequenti ricongiungimenti familiari (per lo più femminili) e i grandi nuovi flussi est-europei (soprattutto, anche se non solo, di assistenti domiciliari e “badanti”) la connotazione di genere del fenomeno migratorio è nuovamente mutata, tornando numericamente favorevole alle donne e alle bambine. Queste sono aumentate di oltre l’80% tra gli iscritti in anagrafe durante l’ultimo decennio (dal 1° gennaio 2007 al 1° gennaio 2017), mentre nello stesso lasso di tempo gli stranieri maschi sono aumentati del 63%. E se al 1° gennaio 2017 tra i minorenni stranieri permane una leggera prevalenza maschile sulle coetanee (in rapporto di 108 maschi ogni 100 femmine) tra i maggiorenni stranieri è ancora più forte la superiorità numerica femminile (115 donne ogni 100 uomini) rispetto a quella nella popolazione generale (110 a 100), contandosi al 1° gennaio 2017 più di 2,1 milioni di donne (maggiorenni) straniere contro meno di 1,9 milioni di uomini maggiorenni stranieri.
Quanto alle nazionalità, le presenze femminili residenti in Italia quantitativamente più importanti sono nell’ordine quelle di Romania (671mila), Albania (219mila), Marocco (195mila), Ucraina (184mila), Cina (140mila), Filippine (95mila), Moldova (90mila), Polonia (71mila), India (62mila) e Perù (58mila). Considerando, invece, i gruppi nazionali con oltre mille residenti in Italia al 1° gennaio 2017 la componente femminile tocca i suoi livelli massimi di prevalenza del 91% all’interno del collettivo thailandese, con quote poi comprese fra l’80 e l’84% in quelli est-europei di Cechia, Estonia, Georgia, Kazakhistan, Lettonia, Russia, Bielorussia, Lituania e Kirghizistan, oltre che in quello indonesiano; mentre poco sotto si collocano, tra gli altri, Ucraina (78%), Cuba e Polonia (74%), e Brasile (72%). Al contrario, meno femminili di tutti risultano i collettivi di Gambia e Mali (con solo rispettivamente il 3% e il 4% di componente femminile al proprio interno), Afghanistan (7%) e poi Guinea Bisseau (13%), Liberia (19%), Sudan (20%), Iraq e Guinea (21%), Senegal e Niger (27%), Bangladesh (28%), Somalia (29%), Pakistan (31%), Egitto (32%) e Burkina Faso (34%).
In questo contesto secondo ISMU le donne presenti in Lombardia e provenienti da Paesi a forte pressione migratoria – circa 511mila ovvero oltre mezzo milione – nel 2017 sono disoccupate solo nel 12% dei casi ma in ulteriore 21% dei casi risultano casalinghe; e lavoratrici “in nero” in un ulteriore 8% delle occasioni. D’altra parte l’impiego a tempo indeterminato e pieno occupa il 26% delle donne straniere presenti in Lombardia nel 2017, con un ulteriore 13% occupata part time e il 5% a tempo determinato. I mestieri più diffusi sono quelli di domestica o assistente domiciliare, o nella ristorazione. Il reddito medio, fra tutte le lavoratrici straniere, è stato di 962 euro netti al mese, in lieve aumento (+1,8%) rispetto ai 945 euro registrati per il 2016.