19 marzo 2017: Festa del papà. Sempre più numerosi i padri immigrati
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COMUNICATO STAMPA
Comunicato stampa Fondazione Ismu
Milano, 17 marzo 2017
Domenica 19 marzo è la Festa del Papà e, in un’Italia a “crescita zero” (dato un numero di nuovi nati ormai durevolmente attestato ben al di sotto del livello di sostituzione) è sempre più elevata l’incidenza dei padri stranieri o d’origine straniera. La Lombardia, insieme al suo capoluogo sempre più vistosamente multietnico, è, come di consueto, la regione in cui questi fenomeni si vedono prima e meglio.
Tra i residenti in Lombardia il rapporto tra stranieri e italiani, fra i maschi maggiorenni, è di uno ogni 9, ovvero 417mila contro 3,6 milioni, con punte di uno ogni 3 fra i 35enni e i 36enni. Rumeni e poi marocchini, egiziani, albanesi, e poi ancora uomini cinesi, indiani, filippini, senegalesi, pakistani e di molte altre nazionalità, che poi molto spesso sono anche padri. I dati Istat non sono in grado di segnalare effettivamente in che misura essi lo siano, ma elaborazioni Ismu su dati dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multi etnicità (Orim), svolte con continuità dal 2001 al 2016, possono supplire a questo bisogno informativo.
Rispetto al 72% delle donne straniere, “solo” il 60% degli immigrati residenti maggiorenni al 1° luglio 2016 in Lombardia è padre e, nel caso, più spesso di due figli, poi di uno e in terza ipotesi di tre figli. Ma ad accorciare la distanza tra uomini e donne è la possibilità di vivere accanto ai propri figli. Così, se ripetutamente è stato denunciato il fenomeno delle madri costrette a partire, ripercorrendo la vicenda della mamma del piccolo Marco, il protagonista del racconto “Dagli Appennini alle Ande” (lo eliminerei), altrettanto numerosi sono i padri che migrano lasciandosi alle spalle gli “orfani della migrazione”. Oltre un quarto dei figli dei papà immigrati in Lombardia vive all’estero, ovvero è in genere rimasto nel paese d’origine; specularmente, i due terzi dei papà abitano insieme alla loro compagna e ai figli. Molto meno numerosi delle madri sono invece i padri a capo di nuclei mono-genitoriali: solo il 2,3% dei padri rispetto al 10,8% delle madri.
Tra le nazionalità più numerose nel panorama dell’immigrazione in Lombardia, sono gli egiziani ad avere il maggior numero medio di figli, 2 a testa; seguono i senegalesi (1,8) e gli indiani (1,6). Contrariamente a uno stereotipo corrente, i marocchini hanno invece soltanto 1,3 figli mediamente, meno dei cinesi (1,4). Il dato cresce evidentemente se si escludono coloro che non hanno nessun figlio: i padri marocchini raggiungono in media 2,4 figli, e ancor più “prolifici” sono i padri egiziani (2,5) e quelli senegalesi (2,9).
Parliamo però di uomini che in molti casi non hanno ancora concluso la loro “carriera riproduttiva”, considerata l’età media (41 anni per gli egiziani, 39 per gli indiani, 37 per i senegalesi e i marocchini, 36 per i cinesi). Questi dati, tuttavia, suffragano quanto emerso dal report dell’Istat apparso proprio in questi giorni, ovvero il progressivo allineamento dei comportamenti procreativi degli stranieri ai modesti standard italiani.
Come noto, mentre per le donne le responsabilità familiari spesso rappresentano un “disincentivo” alla partecipazione attiva al mercato del lavoro, per gli uomini avviene esattamente il contrario, a conferma della tenuta del loro ruolo di principale breadwinner.
La quota di disoccupati (senza considerare i lavoratori irregolari) si dimezza per gli uomini stranieri dal 15,6% se senza figli al 7,7% se invece padri, in particolare all’11,1% se con un solo figlio e al 6,3% se padri di due o più figli. E, di contro, l’occupazione regolare a tempo pieno e indeterminato riguarda uno straniero su tre se senza figli e la maggioranza assoluta degli stranieri quando si considerano i padri.
Un dato è particolarmente emblematico a questo riguardo: il reddito da lavoro cresce parallelamente al crescere del numero dei figli, e in particolare del numero di figli in Italia: si passa da 762 euro se senza figli a 1.058 se con un figlio, e poi a 1.276 se con due figli e, con un aumento più ridotto, a 1.294 se con tre figli. E si conferma, in questo contesto, un più che probabile progressivo disimpegno dall’attività lavorativa in favore delle cure domestiche e dei figli per le partner femminili delle coppie straniere, soprattutto con la nascita del secondo figlio, con redditi medi mensili che per le donne scendono da una media di 647 euro se senza figli a 640 se con uno; addirittura a 540 euro se con due figli, fino a crollare a 264 euro se con tre o più figli, dove la condizione di casalinga è davvero predominante. Va da sé che parliamo comunque di redditi molto modesti, che collocano molti nuclei immigrati in una condizione di particolare vulnerabilità.
Resta da aggiungere che i figli degli immigrati hanno, in grande maggioranza, padri impegnati nei classici “lavori da immigrati”. Profili per lo più manuali, con una forte concentrazione nelle mansioni di addetto alla ristorazione – camerieri, pizzaioli, lavapiatti, addetti alle mense – e di operai nelle fabbriche e soprattutto in edilizia. I più numerosi (pari al 16% del totale) sono proprio gli operai edili, seguiti dagli operai nell’industria (12%), ma è anche significativa l’incidenza dei titolari ed esercenti di attività commerciali (in oltre un caso su dieci), a segnalare la persistenza di un sentiero di mobilità sociale percorso nel passato da migliaia di migranti italiani, spesso sorretto dal desiderio di riuscire, un domani, a trasmettere l’attività ai proprio figli. In quest’analisi si può giungere a considerare anche il caso particolare degli imprenditori, che incidono solo per l’1,4% tra gli uomini stranieri senza figli, ma salgono addirittura al 13,1% tra quelli con quattro o più figli. Parliamo certamente di numeri modesti, ma che confermano una relazione tradizionalmente ben presente anche nell’imprenditorialità indigena, ovvero quella fra il creare una propria impresa e il “mettere su famiglia”.
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Commento a cura di Laura Zanfrini, Responsabile Settore Economia e Lavoro della Fondazione ISMU (l.zanfrini@ismu.org)
Elaborazioni su dati ORIM a cura di Alessio Menonna, Settore Monitoraggio statistico della Fondazione ISMU (a.menonna@ismu.org)
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