Riunione del Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano
Continuano i lavori del tavolo di confronto del Ministero dell’Interno con i rappresentanti delle comunità e associazioni islamiche
Il 19 gennaio 2016 si è insediato al Viminale il Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano, un organismo del Ministero dell’Interno con funzioni consultive sulle questioni relative alla presenza di comunità musulmane in Italia, composto da docenti ed esperti della cultura e religione islamica, individuati in ragione delle specifiche competenze.
L’11 luglio del 2016 era stato presentato, alla presenza del tavolo di confronto con i rappresentanti delle comunità e associazioni islamiche, il Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano e il capo dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione, il Prefetto Mario Morcone, il Rapporto Ruolo pubblico, riconoscimento e formazione degli imam (1 aprile 2016) con la finalità di migliorare la contestualizzazione delle pratiche religiose in Italia.
Nell’ottica di sollecitare una nuova fase nella pratica istituzionale nei confronti dell’Islam, dalla “mera” gestione di un conflitto alla costruzione di un processo che possa favorire inclusione e apertura delle stesse comunità islamiche, il Ministro dell’Interno aveva già presieduto il 23 febbraio 2015 al Viminale una riunione con i rappresentanti di diverse comunità e associazioni islamiche presenti in Italia, i quali avevano condiviso la necessità di dare massima attenzione ai temi del dialogo interculturale e interreligioso, per favorire la coesistenza, la cooperazione e la coesione sociale, nonché l’esercizio dei diritti civili e sociali, compresi quelli relativi alla libertà religiosa nel quadro dell’ordinamento italiano.
Un ulteriore documento vede la luce con l’attuale governo: Patto nazionale per un islam italiano espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell’ordinamento statale. Atto a favorire il dialogo e, soprattutto, la lotta contro ogni forma di radicalismo per un’integrazione piena in nome del pluralismo religioso, il patto è stato sottoscritto dalle principali associazioni islamiche in Italia, rappresentative di circa il 70% dei musulmani presenti nel nostro Paese. Tra gli aspetti maggiormente messi in rilievo, l’importanza della formazione di imam e guide religiose, al fine di svolgere efficacemente il ruolo di mediazione tra le comunità e la società circostante, e quindi di superare la logica gli imam “fai-da -te”. Il patto, come dichiarato dal Ministro Minniti, che ha tenuto a specificare l’errata equazione tra immigrazione e terrorismo da contrastare con attività di integrazione, richiama prioritariamente i valori della Costituzione italiana, raggiungendo il giusto equilibrio fra diritti e doveri.
Tra gli impegni presi da parte delle comunità islamiche: 1) la pubblicazione di nomi e recapiti degli imam, 2) la traduzione in italiano del sermone del venerdì (del resto già realtà in molte moschee, dal momento che i musulmani non sono tutti arabofoni) e 3) trasparenza dei finanziamenti per la costruzione delle moschee. Inoltre, 4) i luoghi di culto si rendono accessibili anche a visitatori non musulmani, per combattere sospetti che avvelenano le relazioni umane.
Tra gli impegni presi dal Viminale: 1) estensione dei “tavoli interreligiosi” all’interno dei consigli territoriali per l’immigrazione delle Prefetture per sostenere e promuovere il contributo del patrimonio spirituale, culturale e sociale che le comunità musulmane offrono all’Italia, 2) incontri con giovani musulmani di seconda generazione. Infine 3) verrà chiesto ai Comuni italiani, riuniti nell’Anci, di affrontare il problema di sedi e aree adeguate per le moschee, un punto sul quale anche nel passato ci sono state svariate polemiche.
Gli accordi raggiunti risultano, in ogni caso, certo positivi ma anche indicativi del ritardo nel quale l’Italia multietnica e multireligiosa si trova. L’Islam italiano, per non essere solo un “problema” ma diventare una “risorsa”, deve trovare una propria forma, e la prima modalità è sicuramente il riconoscimento giuridico a un’entità italiana che grazie allo Stato deve trovare il modo di colmare l’evidente vuoto.
Antonio Cuciniello, settore Religioni e settore Educazione