15 gennaio 2017: Testimoni della speranza
Domenica 15 gennaio si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che, quest’anno, Papa Francesco ha voluto dedicare ai “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”. (Vedi – Vedi il messaggio)
Alla situazione dei bambini e dei ragazzi nei flussi migratori la nostra Fondazione dedicherà, quest’anno, un’attenzione particolare, e una delle sue linee strategiche; essa costituirà inoltre il tema della prossima edizione della summer school “Mobilità umana e giustizia globale”; che si svolgerà dal 17 al 20 luglio 2017, e il cui programma sarà diffuso nelle prossime settimane.
Ma se i minori costituiscono una componente “emergente” delle migrazioni, quelle in particolare di natura forzata, la composita realtà della mobilità umana dell’epoca contemporanea registra anche un’inedita presenza di migranti anziani. Il noto quotidiano spagnolo “ElMundo” riportava in prima pagina, qualche giorno fa (10 gennaio 2017), la vicenda di Zadir, rifugiata yazidi fuggita dall’Iraq e ora ospitata in un albergo di Atene, in attesa di poter trasferirsi in Germania per ricongiungersi ai familiari. Una storia come tante altre, ma tale da meritarsi la prima pagina in ragione dell’età della sua protagonista: 116 anni! Una storia del tutto eccezionale, dunque, ma che può essere eretta ad icona di una tendenza che ormai trova conferma nei numeri.
Considerando i dati resi disponibili da Eurostat, il numero dei richiedenti asilo di 65 anni e oltre, nel complesso dei paesi dell’Unione europea, come si può rilevare dalla tabella qui riportata, già sfiorava quota 2.000 nel 2010, ed è poi continuato a crescere, fino a raggiungere quota 7.780 nell’ultimo anno per il quale i dati sono disponibili. Includendo anche la Svizzera, la cifra supera gli 8.000. Germania e Svezia (e a seguire la Francia) giocano, come prevedibile, un ruolo di primo piano nell’attrarre questa specifica categoria di richiedenti asilo, che è naturale pensare si muova nel quadro di catene migratorie familiari, mentre altri dati appaiono del tutto eccentrici: si pensi ai 698 richiedenti ultra64enni ricevuti dall’Italia nel 2009, o ai 410 accolti dall’“ostile” Ungheria nel 2015.
Richiedenti asilo di 65 anni e oltre, 2000-2015
2010 | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | |
Unione europea | 1.925 | 2.310 | 2.965 | 3.725 | 5.075 | 7.780 |
Austria | 40 | 65 | 85 | 125 | 140 | 385 |
Belgio | 155 | 185 | 160 | 165 | 220 | 310 |
Bulgaria | 20 | 15 | 20 | 50 | 45 | 65 |
Cipro | 10 | 5 | 5 | 10 | 5 | 15 |
Croazia | — | — | — | 0 | 0 | 0 |
Danimarca | 45 | 35 | 55 | 100 | 85 | 130 |
Estonia | 0 | 0 | 0 | 0 | 5 | 10 |
France | 395 | 430 | 520 | 550 | 790 | 935 |
Finlandia | 10 | 10 | 25 | 25 | 30 | 80 |
Germania | 425 | 480 | 750 | 970 | 1.545 | 2.690 |
Grecia | 5 | 60 | 10 | 20 | 20 | 85 |
Irlanda | 0 | 5 | 5 | 10 | 10 | 20 |
Islanda | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Italia | 25 | 20 | 15 | 35 | 45 | 70 |
Lettonia | 0 | 0 | 0 | 0 | 15 | 5 |
Liechtenstein | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Lituania | 5 | 0 | 0 | 5 | 5 | 5 |
Lussemburgo | 0 | 0 | 10 | 5 | 5 | 5 |
Malta | 0 | 5 | 0 | 5 | 10 | 30 |
Norvegia | 50 | 55 | 60 | 60 | 60 | 110 |
Paesi Bassi | 145 | 200 | 195 | 195 | 270 | 355 |
Polonia | 50 | 65 | 80 | 80 | 80 | 105 |
Portogallo | 0 | 0 | 0 | 0 | 10 | 5 |
Regno Unito | 200 | 245 | 285 | 365 | 420 | 340 |
Repubblica Ceca | 5 | 0 | 10 | 10 | 25 | 25 |
Romania | 5 | 0 | 5 | 15 | 15 | 15 |
Slovenia | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Slovacchia | 5 | 0 | 0 | 0 | 0 | 5 |
Spagna | 35 | 20 | 10 | 45 | 75 | 170 |
Svezia | 355 | 455 | 710 | 925 | 1.135 | 1.505 |
Ungheria | 0 | 5 | 5 | 15 | 80 | 410 |
Svizzera | 45 | 65 | 80 | 100 | 115 | 125 |
Totale | 2.025 | 2.430 | 3.105 | 3.885 | 5.250 | 8.015 |
Si tratta, in ogni caso, di numeri certo non tali da incidere sulla composizione generazionale dei richiedenti asilo, prevalentemente giovani e in età da lavoro (come dimostra l’appellativo di “ragazzi” coi quali si è soliti definirli). Né certamente tali da suscitare alcun giustificato allarme riguardo al loro “peso” potenziale per i sistemi sanitari e di welfare europei, già alle prese con le sfide di una società in rapido e costante invecchiamento.
Al contrario, questa pattuglia di profughi ormai in età avanzata – o addirittura di “grandi vecchi” – potrebbe costituire una risorsa preziosa per un’Europa incline a dimenticare la propria storia e a svalutarne gli insegnamenti. Queste persone sono infatti le memorie viventi di vicende complesse e travagliate che hanno segnato la storia dei loro paesi; paesi il cui destino è stato ed è profondamente intrecciato a quello dell’Europa.
Il caso di Zadir è al riguardo esemplare: nata agli albori del XX secolo, quando ancora esisteva l’impero Ottomano, è più vecchia del suo stesso Stato d’origine, l’Iraq, fondato solo un secolo fa; è stata testimone diretta di eventi cruciali, dal genocidio armeno alla nascita dello Stato islamico; ed è infine riuscita a sopravvivere alla traversata che l’ha portata ad approdare, oramai quasi un anno fa, sull’isola di Lesbo, dove l’attendevano le difficili condizioni di vita dei campi profughi. E col suo anelito di poter approdare presto in Germania, testimonia di come la forza della speranza, in ogni età della vita, riesce a sbaragliare perfino la forza della disperazione.
Laura Zanfrini, Fondazione ISMU – Settore Lavoro