Inserimento lavorativo dei beneficiari protezione internazionale: Accordo Ministero dell’Interno-Confindustria
ACCORDO QUADRO
SULLE MODALITÀ DI COLLABORAZIONE PER FAVORIRE PERCORSI DI INTEGRAZIONE DEI BENEFICIARI DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE, OSPITI DEL SISTEMA DI ACCOGLIENZA NAZIONALE
Gli immigrati approdati in Europa attraverso la side door costituita dai canali per la migrazione di carattere umanitario rappresentano, com’è noto, una componente particolarmente vulnerabile sul mercato del lavoro, al punto che questa categoria compare ora a pieno titolo tra quelle beneficiarie delle politiche per l’integrazione finanziate attraverso i fondi comunitari. L’indeterminatezza dei progetti migratori – aggravata dalla lunghezza e complessità delle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato – e la difficoltà nel certificare titoli di studio ed esperienze professionali maturate nei Paesi dai quali si è dovuti fuggire sono aspetti che incidono negativamente sull’occupabilità di questa categoria di lavoratori. Senza contare che essi si trovano spesso ad affrontare i problemi psicologici dovuti allo sradicamento, o devono addirittura elaborare i lutti e le violenze subite. Essi, inoltre, sconfessano in maniera definitiva l’ambizione dei nostri Stati di poter “scegliersi” gli immigrati, sulla base in primo luogo dei fabbisogni dell’economia e del mercato del lavoro. Per tutte queste ragioni, rappresentano una sfida particolarmente impegnativa sia per le politiche d’integrazione, sia per quelle che regolano il funzionamento del mercato del lavoro e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Tanto più ciò vale per l’Italia, che esercita una speciale capacità attrattiva proprio nei confronti dell’immigrazione poco qualificata, per un verso certamente adattabile a svolgere anche i “cattivi lavori”, ma per l’altro a rischio di rapido logoramento e persistente marginalità. Ben venga dunque un’iniziativa che promuove l’orientamento al lavoro attraverso un tirocinio formativo che, si auspica, possa concorrere a rafforzare la professionalità, e dunque l’occupabilità del lungo periodo, dei rifugiati che hanno già ottenuto la protezione internazionale – e sono dunque destinati a restare a lungo in Italia – e risiedono presso Centri Sprar in attesa di inserimento lavorativo. E ben venga il diretto e “pubblico” coinvolgimento di Confindustria. È pur vero che l’onere economico dell’iniziativa grava sul Ministero dell’Interno (andandosi a sommare al gravoso impegno finanziario del soccorso dei profughi e della loro accoglienza, che proprio un recente rapporto elaborato dal centro studi Confindustria stima, per il 2016, pari a 3,3 miliari di euro). Ma è altrettanto vero che, nonostante sia sull’azione delle autorità politiche che si concentrano l’enfasi e le polemiche, gli attori della società civile, a partire dal mondo delle imprese, possono svolgere un ruolo strategico nella governance dei processi d’inclusione economica e sociale dei migranti, e conseguentemente nel determinare la “qualità” della convivenza interetnica e la stessa capacità di trasformare la diversità emersa dall’immigrazione in un asset competitivo per l’economia e la società.
(Laura Zanfrini, Responsabile Settore Economia e Lavoro Fondazione ISMU, 30 giugno 2016)
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