Le nuove migrazioni dall’Africa all’Unione Europea

Fondazione Ismu, Roma, 20 maggio 2014

 

Utilizzando i più aggiornati dati di fonte Ilo (per quanto riguarda i tassi di attività, per genere, nel decennio passato) ed Onu (per ciò che concerne le strutture demografiche, per genere, nel decennio passato), il gruppo di lavoro interno alla Fondazione Ismu coordinato dal prof. Blangiardo ha dapprima analizzato le dinamiche occupazionali e demografiche nei singoli Paesi africani giungendo ad identificare i surplus demografici prodotti dal confronto tra potenziali entrate e uscite dai mercati del lavoro locali. Partendo da tali risultati e alla luce dell’esperienza dei singoli Paesi africani nel passato e dei flussi migratori pregressi verso i Paesi dell’UE-28 (elaborazioni su dati Eurostat e di istituti di statistica nazionali), si è così valutata la relazione tra i surplus demografici di ogni singolo Paese e il numero di ingressi netti in ogni membro di UE-28. Tale relazione è stata espressa in termini di un coefficiente che esprime gli ingressi netti dall’origine “i” alla destinazione “j” per ogni unità di surplus osservato nell’origine “i”. Il tutto è stato calcolato con riferimento ai valori medi annui nel corso del più recente intervallo decennale.

Per quanto riguarda l’impostazione del modello di stima dei futuri flussi si sono in prima istanza ipotizzate costanti le relazioni precedentemente stimate e le si sono applicate ai surplus demografici che la combinazione dei dati Ilo e Onu prospetta per il futuro (ipotesi di base A). In seguito (ipotesi B) si sono corrette e modellate nel tempo le precedenti stime considerando come correttivo le variazioni (opportunamente stimate) del rapporto tra crescita dei redditi pro-capite in ogni Paese di provenienza e la corrispondente crescita del reddito pro-capite nell’UE-28 (complessivamente considerata), così come desunti dall’estrapolazione dell’evoluzione dei redditi stessi nell’ultimo decennio secondo i più aggiornati dati della World Bank. In altri termini si è giunti a due matrici di stime: quelle derivanti dall’ipotesi A, che possono definirsi supposte ad invarianza del divario dei redditi pro-capite tra Paese di provenienza africano e UE-28; e quelle conseguenti all’ipotesi B, che possono definirsi come determinate da surplus demografici corretti per la variazione del rapporto tra crescita dei redditi pro-capite nei Paesi di provenienza e crescita dei redditi pro-capite nell’UE-28.

In base all’ipotesi A, i flussi migratori dall’Africa all’UE-28 sono stimabili attorno alle 350mila annue con una certa costanza fino al 2025 e un relativo accrescimento, fino a giungere attorno alle 380mila unità annue, tra il 2026 e il 2030. Sotto le ipotesi B tale flusso è invece stimabile fino al quinquennio 2021-2025 in poco oltre le 300mila unità annue, con un aumento a quasi 330mila unità annue tra il 2026 e il 2030. Secondo entrambe le ipotesi, comunque, la pressione “espulsiva” di cittadini dal Nord dell’Africa verso l’UE-28 scemerà nel tempo, mentre aumenterà quella dal Centro-sud continentale più di quanto diminuirà quella dal Nord.

In particolare, i marocchini saranno sempre i primi per numero di migranti africani verso l’Unione Europea, ma scenderanno dagli attuali flussi di 94mila unità annue a circa 68mila nel 2026-2030; e diminuiranno molto significativamente i flussi tunisino ed algerino, rispettivamente, dalle attuali 13mila unità annue a 4mila e da 11mila a sole 2mila. Inoltre dal Nord Africa, dove resteranno modesti i flussi dal Sudan e dalla Libia, si conferma una certa importanza per quelli dall’Egitto (con circa 11mila unità annue). In ogni caso la pressione spulsiva dall’area nordafricana sarà nel tempo superata per intensità da quella proveniente dall’Africa sub-sahariana.

Infatti, anche quando si considerino (come sotto l’ipotesi B) gli effetti più spesso frenanti dovuti alla dinamica dei redditi pro-capite – che in genere si pensa cresceranno in maniera relativamente più veloce nell’Africa del Centro-sud che nell’Unione Europea – le vivaci demografie sub-sahariane in mercati del lavoro locali, non ancora pronte a occupare i sempre maggiori flussi giovanili in ingresso, produrranno verosimilmente surplus demografici sempre più attratti dalla prospettiva migratoria. Così, mentre attualmente si stimano flussi verso l’UE-28 di poco oltre 130mila annue dall’Africa del Nord e di poco più di 170mila dal Centro-sud, nel quinquennio 2026-2030 i primi si ridurranno verosimilmente al di sotto dei 90mila ingressi annui mentre i secondi sfioreranno le 240mila unità. Pertanto, dietro agli ancora massicci – ma in diminuzione – flussi dal Marocco (fortissimi verso la Spagna, ma elevati anche verso Italia e Francia), si affievoliranno decisamente quelli da Tunisia e Algeria e cresceranno quelli dai Paesi dell’Africa sub-sahariana: nell’ordine, soprattutto dalla Nigeria (dalle attuali 22mila unità annue in Europa ad una media di 28mila nel 2026-2030, pur considerando un forte effetto frenante, superiore al 30%, dovuto al verosimile forte aumento dei redditi futuri in questo Paese), dal Senegal (da 19mila a 27mila annue), dalla Somalia (da meno di 9mila attualmente a 20mila nel 2026-2030), dal Camerun (da 11mila a 16mila), dal Sudafrica (in questo caso in diminuzione di circa 3mila unità annue a partire dalle attuali 14mila, quasi tutte verso il Regno Unito) e dal Gambia (da meno di 6mila a 11mila, di cui più di metà verso la Spagna e in forte aumento causato anche da stime sulle dinamiche dei redditi peggiori rispetto a quelle ipotizzabili nell’Unione Europea).

Dietro a tali Paesi, in prospettiva 2026-2030 si confermerà verosimilmente il flusso ghanese con poco oltre le 10mila unità annue, ma esso verrà affiancato sui valori pressoché simili da quello maliano, che crescerà in modo consistente dagli attuali circa 7mila ingressi nell’Unione Europea; e aumenterà un po’ anche quello ivoriano (con flussi dagli attuali 7mila annui a circa 9mila), mentre si affacceranno con numeri crescenti in Europa nuovi Paesi quali soprattutto la Guinea (che raggiungerà flussi di 9mila unità annue, dagli attuali 5mila ingressi), la Repubblica Democratica del Congo (da 6mila a 8mila), lo Zimbabwe (che raggiungerà numeri di 7mila ingressi annui, il doppio degli attuali) e il Kenya (da 4mila a 6mila). Tutto questo mentre nel 2026-2030 i flussi tunisini e algerini si ridurranno, rispettivamente, del 70% (a 4mila annui) e dell’80% (a soli 2mila annui).

In generale, sempre secondo l’ipotesi B (che, come detto, tiene conto delle possibili evoluzioni rispetto al reddito), la Spagna accentra oggi 76mila casi, ovvero un quarto dei flussi migratori dall’Africa all’UE-28, e sembra orientata in un primo tempo a scendere al di sotto delle 70mila unità annue nel 2021-2025 per poi tornare a circa 75mila annue nel successivo quinquennio 2026-2030: in tale ultimo periodo si tratterà però “solo” nel 40% dei casi di marocchini in ingresso – a fronte del 60% d’incidenza attuale – e, mentre crolleranno i flussi algerini, aumenteranno gli ingressi senegalesi (fino ad una media di 11mila unità annue nel 2026-2030), gambiani (fino ad oltre 6mila all’anno, più del doppio di oggi), nigeriani (quasi 6mila), maliani (oltre 5mila) e guineiani (circa 3mila).

Al secondo posto in Europa, la Francia scenderà dapprima leggermente dai flussi attuali di circa 67mila unità vicino alla soglia dei 60mila, per poi recuperare fino a quota 65mila unità annue nel 2026-2030. Nel loro insieme Spagna e Francia accentrano oggigiorno e, seppur in diminuzione, accentreranno anche in futuro quasi metà dei flussi migratori dall’Africa; una quota che sale a tre quarti se si considerano tra le mete di destinazione anche il Regno Unito e l’Italia.

Il Regno Unito, in particolare, vedrà crescere i propri flussi africani dagli attuali 45mila a oltre 55mila annui, scavalcando l’Italia che oscillerà invece sempre attorno ai 50mila ingressi. A seguire, e a distanza nonostante un leggero aumento ipotizzabile nel tempo, la Germania si colloca sempre in quinta posizione in Europa, con flussi di africani di circa 25mila unità annue, poco davanti al Belgio (in aumento da 16mila a 17mila ingressi annui) e soprattutto alla Svezia che vedrà tuttavia quasi un raddoppio: da meno di 8mila a quasi 14mila unità annue.

Per quanto riguarda l’Italia i flussi migratori africani saranno sempre soprattutto di marocchini, ma con un’incidenza più ridotta dell’attuale, dal 40% al 30% nel 2026-2030, passando da 20mila a 15mila unità annue; i flussi tunisini scenderanno decisamente da 4mila unità annue a poco oltre il migliaio, mentre aumenterà il flusso senegalese (da 6mila a quasi 9mila ingressi annui), scenderà leggermente quello egiziano (comunque poco al di sotto dei 5mila ingressi annui), si rafforzerà quello nigeriano (da 3mila a 4mila ingressi annui), si confermeranno attorno alle 2mila unità annue quelli ghanese ed ivoriano e raggiungerà quest’ultima soglia, più che raddoppiando nel tempo, anche quello somalo. Dietro a tali Paesi di primaria importanza si rafforzeranno poi le presenze in Italia provenienti da Burkina Faso, Eritrea e Camerun e, oltre che dall’Etiopia e dall’Algeria, nuovi ingressi origineranno verosimilmente da Togo, Guinea, Liberia e Congo.

In definitiva, il flusso da sostenere demograficamente dall’Africa ogni anno sarà sempre oscillante attorno alle 6 unità in ingresso ogni 10.000 abitanti dell’Unione Europea, ma con forti differenze tra i singoli Paesi: in particolare la Spagna vede e vedrà in futuro l’ingresso sempre in media di circa 15-16 cittadini africani all’anno ogni 10.000 abitanti complessivi nel proprio Paese, mentre – tra i grandi stati dell’Unione – la Francia scenderà da 10 a 9 ogni 10.000 all’anno, il Regno Unito salirà da 7 a 8 e l’Italia si confermerà attorno al valore di 8 ogni 10.000. Solo la Germania, seppure in leggero aumento nel tempo, si colloca oggi e si collocherà in futuro sempre su livelli molto inferiori, vedendo l’ingresso sul proprio territorio di circa 3 migranti africani all’anno ogni 10.000 abitanti, ovvero con il medesimo tasso di sostenibilità demografica della Grecia e dell’Irlanda, e dei Paesi Bassi.

Più di tutti, invece, Malta vedrà crescere il flusso annuo di migranti africani dagli attuali 10 ogni 10.000 abitanti a 17 ogni 10.000 all’anno nel 2026-2030 e, dietro alla Spagna ma prima di Francia, Regno Unito e Italia, il Belgio si confermerà attorno ad una prospettiva di 15 migranti africani all’anno ogni 10.000 abitanti, la Svezia salirà molto dagli attuali meno di 8 a oltre 13 nel 2026-2030, e il Lussemburgo continuerà ad oscillare attorno ai 10. Di converso al di sotto della media europea di accoglienza si collocano, oltre a Germania, Grecia, Irlanda e Paesi Bassi di cui si è detto, anche l’Austria (che comunque crescerà da meno di 5 ogni 10.000 a quasi 6 ingressi ogni 10.000 abitanti), la Finlandia e la Danimarca (anch’esse in crescita nel tempo, entrambe da meno di 3 ogni 10.000 a oltre 4), Cipro (che non raggiungerà mai i 2 africani accolti all’anno ogni 10.000 abitanti) e, tra i rappresentanti dei Paesi dell’Est, tutti con tassi molto bassi, la Repubblica Ceca (che da parte sua non raggiungerà mai il valore neppure di un africano all’anno in ingresso sul proprio territorio ogni 10.000 abitanti già presenti).

Infine, per quanto riguarda i singoli flussi nazionali più significativi, identificati per convenzione come quelli superiori alle 5mila unità annue, attualmente ce ne sono attivi una decina dall’Africa all’Unione Europea, ed essi diventeranno 15 nel 2026-2030, allorché l’entità complessiva dei flussi aumenterà dai circa 300mila migranti attuali (o poco più) a quasi 330mila.

Attualmente quattro flussi importanti originano dal Marocco (verso la Spagna, di ben 43 mila unità annue; verso l’Italia, di 20mila unità annue; verso la Francia, di 18mila; e verso il Belgio, di 7mila), due dal Senegal (8mila ingressi all’anno in Spagna e 6mila in Italia) e altrettanti  sono di “rotta privilegiata”, diretti verso il Regno Unito da luoghi di partenza specifici e particolari ovvero la Nigeria e il Sudafrica; e ancora due sono definibili “di prossimità”, gli unici nordafricani non marocchini: dall’Algeria e dalla Tunisia verso la Francia.

Dato tale contesto attuale, nel 2026-2030 si ridurranno invece i flussi dal Marocco; si moltiplicheranno quelli dall’area del Senegal, anche verso la Francia oltre che verso l’Italia e la Spagna, così come dal vicino Gambia verso la Spagna; i movimenti dalla Nigeria si svilupperanno, oltre che verso il solo Regno Unito, anche in direzione della Spagna mentre dal vicino Camerun ci si indirizzerà verso la Francia. Nel contempo spariranno, o quasi, Nel contempo spariranno, o quasi, i “flussi di prossimità” Algeria-Francia e Tunisia-Italia-Francia (così gli unici di una certa consistenza dal Nord Africa rimarranno quelli marocchini, in Francia e in Italia ma soprattutto in Spagna, anche se non più così massicci come in passato); nasceranno inoltre quelli dalla Costa d’Avorio alla Francia e dal Mali alla Spagna; infine si confermerà – pur riducendosi d’intensità – il flusso dal Sudafrica al Regno Unito, cui si affiancherà quello dal vicino Zimbabwe; infine, supererà la soglia delle 5mila unità annue anche il flusso dalla Somalia alla Svezia.

Attualmente quattro flussi nazionali con oltre 5mila unità annue hanno per destinazione la Francia e due a testa Italia, Spagna (tra cui quello marocchino da oltre 40mila unità annue) e Regno Unito. Secondo la situazione attuale e le stime future, la Germania non ha e non avrà alcun flusso nazionale africano da 5mila unità annue, così come non lo avrà mai nessun Paese scandinavo (né del Benelux) ad eccezione della Svezia che nel 2026-2030 avrà quello somalo. Sul fronte opposto, cinque grossi flussi africani saranno verosimilmente direzionati nel 2026-2030 verso la Spagna (nell’ordine da Marocco, Senegal, Gambia, Nigeria e Mali); quattro verso la Francia (da Marocco, Senegal, Costa d’Avorio e Camerun); tre verso il Regno Unito (da Nigeria, Sudafrica e Zimbabwe) e due verso l’Italia (da Marocco e Senegal), oltre a quello somalo verso la Svezia.

A cura del settore Monitoraggio. Per approfondimenti consulta I numeri dell’immigrazione